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venerdì 26 marzo 2010

VIAGGIARE per salvare l ́anima: le vie del pelleggrinaggio.





Le vie del pellegrinaggio sono state, per molti secoli, le grandi arterie di comunicazione delle genti d ́Europa. Sul tragitto che fu dei pellegrini medievali si trovava una vera e propria costellazione di chiese,monasteri e luoghi di sosta con ospedali: un eccezionale patrimonio di fede, arte e cultura. La grande circolazione di uomini e delle loro conoscenze, portò un forte scambio culturale in tutta l ́Europa. Il pellegrino, nel viaggio verso i luoghi santi, espiava e meditava ricercando la propria essenza umana e la fede interiore con purezza d ́animo.
A lui venne attribuito un particolare Status che lo rendeva intoccabile e rispettato; riceveva inoltre una forma di investitura e, per farsi riconoscere, indossava abiti ed oggetti particolari.Nel corso del XI sec. la pratica dei pellegrinaggi verso santuari che custodivano reliquie di santi martiri, assunse proporzioni tali da trasformarsi in un fenomeno di vasta portata. Nacquero percorsi tra il nord Europa e il sepolcro di Cristo a Gerusalemme, le tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma, e quella dell’apostolo Giacomo a Santiago de Compostela in Galizia.
Tra i pellegrinaggi europei quello verso Santiago costituì il fenomeno più imponente, interessando oltre alla Francia, masse di fedeli provenienti dalla Germania, dalle Fiandre,dall’Inghilterra, dall’Italia. Si creò così una vera e propria rete di strade con luoghi di raccolta e ospizi per i pellegrini. Una sola via percorreva le regioni settentrionali, ma in Navarra confluivano quattro “cammini” francesi disposti come le stecche di un ventaglio perché destinati a raccogliere pellegrini da ogni parte d ́Europa. Il monachesimo divenne un valido supporto per i viaggiatori in quanto i monaci offrivano loro ospitalità perla notte.
I pellegrini erano riconoscibili da una vera e propria divisa con tanto di insegne benedette che accomunava uomini e donne poveri e ricchi, letterati ed analfabeti nel loro cammino di penitenza. Le conchiglie di Galizia costituivano il contrassegno di viaggio a Santiago: venivano raccolte a Capo Finis Terrae, sulle rive dell ́Oceano, il punto che segna il limite occidentale dell ́Europa. Purtroppo sono rare le insegne e le reliquie dei pellegrini arrivate ai giorni nostri, tuttavia molti dettagli si possono dedurre dalle pitture che offrono valore documentale.
Documento importantissimo è a tal proposito la Guida del Pellegrino scritta da Aymery Picaud che compí il viaggio tra il 1130 e il 1135 descrivendo le diverse tappe che conducevano a Santiago. Per ciascuna delle quattro vie, la Guida elenca tutti i santuari e le reliquie da venerare. Il cammino è oggi
costantemente segnalato da cartelli giallo-blu contraddistinti dalla “conchiglia”, ma è costellato di innumerevoli “segni” antichi: chiese romaniche con splendidi portali in cui si affollano personaggi dell ́Antico e Nuovo Testamento, ospizi e monasteri,eremi ed abbazie.
Lo sviluppo della pratica del pellegrinaggio diede slancio all ́attivitá artistica favorendo i contatti e i rapporti tra centro e centro che generarono una sostanziale unitá della cultura europea. L ́architettura romanica e la diffusione della musica trobadorica ne sono una chiara testimonianza che è sopravvissuta fino ai giorni nostri. Il fenomeno piú interessante di tale circolazione di idee e modelli è costituito dall ́imporsi di un particolare tipo di pianta nelle grandi chiese di pellegrinaggio con deambulatori eccezionalmente ampi provvisti di cappelle radiali adibite alla custodia delle reliquie, ma anche luoghi di culto; tutto ció in funzione dell ́attivitá liturgica e del movimento delle masse di pellegrini.(Manuela Rebellato)

Movesi il vecchierel canuto et biancho del dolce loco ov'à sua età fornita et da la famigliuola sbigottita che vede il caro padre venir manco;
indi trahendo poi l'antiquo fianco per l'extreme giornate di sua vita, quanto piú pò, col buon voler s'aita, rotto dagli anni, et dal cammino stanco;
et viene a Roma, seguendo 'l desio, per mirar la sembianza di colui ch'ancor lassú nel ciel vedere spera: .
cosí, lasso, talor vo cerchand'io, donna, quanto è possibile, in altrui la disïata vostra forma vera
PETRARCA

PELLEGRINI DEL 2000







Santiago de Compostela:per raggiungerla da mille anni uomini e donne di tutta Europa affrontano le stesse stradine di montagna e riposano in monasteri sempre uguali.
A Santiago de Compostela attraversando i Pirenei :non solo una escursione a piedi o in bicicletta o a cavallo,ma un viaggio alle radici della spiritualità .
Un viaggio nella storia,nel mistero,nella religione,lungo un itinerario tra i più ricchi di contenuti culturali del nostro continente:Il Cammino di Santiago.
in pratica l'itinerario si sviluppa da ovest ad est seguendo orizzontalmente tutta la Spagna settentrionale.
Probabilmente l'aspetto più interessante di questo viaggio è la possibilità che offre al pellegrino di incontrare e conosce altra gente confluita quì da tutta Europa e del resto del mondo lungo la strada sugli 800 chilometri del Cammino,si incontrano i personaggi più strani,spesso negli hostal e rifugi dove pernottano i viandanti,pare di essere in uno di quei alberghetti di Istambul o di essere a Kabul dell'inizio degli anni settanta.
La barba e i cappelli sono tornati lunghi,ed è evidente il desiderio di sfuggire alla routine quotidiana in un'utopia mistica e un pò trasgressiva dalla quale traspare voglia di libertà.
Ci sono salutisti,gli sportivi,i fanatici patiti della marcia e i mistici solitari oa gruppi,sempre più rari gli integralisti che indossano gli stessi panni dei pellegrini medievali,un capello a falde largche in feltro marrone,una tunica in panno lunga sino alla caviglia , nella mano destra il "baculo" nodoso bastone da cui pende la"calasada",una zucca che contiene l'acqua per dissetarsi,piedi scalzi o con sandali,con sul petto legata con una striscia di cuoio la"choncha" ,la conchiglia di SaInt Jaques simbolo del Cammino.
Dai Pirenei all' Atlantico,dalle nevi eterne ai fiordi di Galizia, da Somport a Santiago e a Cabo Finisterra all'estremità nord occidentale della Spagna.
La grande europa dei pellegrini che nel Medioevo percorrevano il Cammini di Santiago de Compostela si perpetua dopo11 secoli in un intreccio di sacro e di profano ,in un grande viaggio che mantiene intatta ancora un'aura di misticismo,
Il tempo non è passato invano .Il Cammino è percorso ogni annoda più di quarantacinquemila pellegrini,Il 25 luglio,il giorno del martirio dell'Apostolo Giacomo,nerlla cattedrale si celebra la solenne cerimonia dell'OFFERTA ALL'APOSTOLO. con una Messa cantata e inquesta occasoionei "TIRAMBOLEIROS"fanno oscillare il "BOTAFUMEROS"per le navate della cattedrale ,la notte precedente,sepettacolo di fuochi artificiali"fuochi dell'Apostolo"con rogo della facciata sovrapposta alla facciata dell'Obradoiro.

CodexCalixtinus




Conosciuto soprattutto con il nome di Codex Calixtinus, il Liber Sancti Jacobi (Libro di San Giacomo) è un insieme di testi in gloria di san Giacomo maggiore e del suo culto compostellano.
I testi sono di varia datazione e provenienza, indicati come composti all'inizio del XII secolo, ma la redazione del codice si situa attorno al 1260.
Il Liber contiene, in 5 libri e un'appendice, testi di vario genere collegati alla figura di san Giacomo maggiore e al pellegrinaggio a Compostela, ed è praticamente la sintesi del corpus dottrinario, ideologico e liturgico su cui si fondò il culto dell'apostolo.
Culto particolarmente importante e divenuto in quell'epoca di forte rilevanza politica, se si tiene conto che il corpo dell'apostolo Giacomo era l'unico a non essere deposto a Roma, e che per questa presenza il culto apostolico faceva di Compostela, ascesa a sede arcivescovile nel 1121, una sorta di sede apostolica, nel momento in cui la presenza dei papi a Roma si faceva più vacillante.
LA STORIA DEL CODICE
La paternità del Liber Sancti Jacobi è attribuita dalla tradizione, testimoniata in una bolla aggiunta in appendice al codice stesso, a papa Callisto II ed è questa la ragione per cui il codice che lo contiene venne detto Calixtinus.
Erano, quelli, tempi in cui non si andava troppo per il sottile, nelle falsificazioni di documenti che dovevano essere ufficiali e solenni e fondare poteri, possessi e giurisdizioni: basti ricordare, per tutti, la Donazione di Costantino e lo Pseudo-Isidoro.
La bolla, attribuita ad Innocenzo II, era falsa anch'essa, ma serviva ad anticipare la datazione dell'opera (conferendole così maggiore autorità), ad incardinare il culto compostellano nell'orizzonte politico dei duchi di Borgogna, alla cui famiglia apparteneva Callisto II, e degli ambienti cluniacensi, la cui potenza stava crescendo all'epoca in Francia e non solo, e, apparentemente, ad accreditare in Aymeric Picaud', chierico compostellano o di Vézelay (abbazia benedettina che stava passando ai cluniacensi, appunto), il chierico indicato come suo responsabile e depositario presso la cattedrale di Santiago.
Per questa via, Aymeric fu considerato per molto tempo il vero autore, o almeno il "caporedattore" del codice, anche se oggi ne è incerta fin l'esistenza storica, e si tende a considerare il Codex come prodotto direttamente nello scriptorium di Compostela, seppur nell'ambito della cultura cluniacense.
Del manoscritto originale conservato negli Archivi della cattedrale di Santiago, composto da 225 fogli recto/verso, si conoscono le seguenti copie principali:
2 manoscritti quasi contemporanei ma di non buona qualità:
il c.d. Manoscritto di Ripoll, appartenente agli archivi della Corona d'Aragona e attualmente a Barcellona, fedele al testo nella sostanza, ma compilato senza riprodurre le illustrazioni e in ordine diverso dall'originale;
e il manoscritto di Alcobaça, in Portogallo, ricavato in parte dal precedente e altrettanto disordinato;
una copia del XIV secolo conservata nella biblioteca dell'Università di Salamanca;
due della metà del XV secolo, delle quali un attualmente in Vaticano e l'altra a Londra.
Altre copie sono citate, a Pistoia (Archivio di Stato) e a Madrid (Biblioteca nazionale).
Dal Liber Sancti Jacobi derivarono inoltre molti altri manoscritti che ne riproducevano e diffondevano singoli libri, in particolare il secondo, dedicato ai miracoli, e il quarto con la Cronaca di Turpino.
I CINQUE LIBRI
L'ordine in cui sono organizzati i libri non segue l'ordine di creazione dei materiali che li compongono, ma l'ordine d'importanza degli argomenti trattati, ai fini della glorificazione del santo e del suo culto.


Santiago Matamoros
Anthologia liturgica (hymni et homiliae): per la ragione detta sopra, il primo volume del Liber è dedicato alla formalizzazione liturgica del culto medesimo, allo stabilimento delle due feste del santo (a quella del 25 luglio, data della celebrazione romana, si aggiunge il 30 dicembre, che è la data tradizionale della celebrazione ispanica), alle preghiere e letture dovute alle ore del giorno (Breviario) e ai giorni dell'anno. Non si dimentichi che la fonte asserita è il papa Callisto II. Di particolare interesse in questo libro, per la storia della musica medioevale, sono gli inni, che riportano la notazione musicale e dei quali fra l'altro sono citati degli autori.
De miraculis sancti Iacobi: questo libro è finalizzato alla promozione della devozione privata (che è poi la molla principale del pellegrinaggio). Vi si pone molta attenzione nel descrivere miracoli che definiremmo oggi "interclassisti e internazionali" avvenuti cioè a fedeli di ogni classe sociale e anche lontano dal luogo del culto, a conferma della grande potenza del santo (e dunque del suo santuario). Di questo secondo libro sono noti molti manoscritti derivati, provenienti da monasteri e chiese del sud e del centro della Francia, dal Nord Italia e dalla valle del Reno.
Liber de translatione (scil. corporis sancti Iacobi ad Compostellam): qui si spiega come e perché, benché la tradizione attestasse che san Giacomo era morto a Gerusalemme, il suo corpo sia arrivato in Galizia.
Historia Karoli Magni et Rotholandi: più noto con il nome di Historia Turpini, è forse il libro che ha avuto maggior diffusione, anche per la notorietà e il favore di cui il ciclo carolingio godette in tutta Europa. Ne derivarono oltre 250 manoscritti separati. Si tratta di una cronaca romanzesca attribuita a Turpino (il leggendario arcivescovo di Reims che era uno dei 12 pari di Carlo Magno), dove si narra come il santo prima fosse apparso in sogno all'imperatore per rivelargli l'esistenza del proprio sepolcro, e come Carlo fosse andato a liberarlo dai pagani ed avesse fondato e dotato di privilegi la prima chiesa. Vi si narrano poi le campagne di Carlo contro gli infedeli, e il nucleo degli avvenimenti che erano già, nell'epica popolare orale, al centro della Chanson de Roland. È qui che nasce la figura di Santiago Matamoros, che accompagnerà tutta la Reconquista spagnola.
Iter pro peregrinis ad Compostellam, Aimery Picaud ascriptum: è il libro forse meno riprodotto, in quanto le notizie riportate e
in quanto le notizie riportate e perfino i nomi divenivano meno comprensibili allontanandosi dalla Spagna e col passare del tempo.
Praticamente il Codice descrive nei minimi particolari la vita ed i fatti del Santo,nel V libro l'autore descrive gli itinerari che attraversando la Francia e il Nord della Spagna,convergono nella cattedrale di Santiago.
Questa"guida del pellegrino"compresa nel codice è chiaramente,un valido aiuto per i pellegrini d'oggi non solo per determinare l'esatto itinerario del Cammino,ma anche per ricostruire la tradizionale atmosfera di quel lunghissimo viaggio,dietro le reliquie
Il libro V può essere considerato la prima guida turistica

giovedì 25 marzo 2010

San Giacomo il Maggiore Apostolo 25 luglio







I fratelli Giacomo e Giovanni transitavano un giorno per un villaggio della Samaria e non essendo stati accolti, chiesero a Gesù di inviare un fuoco dal cielo per distruggere quella gente. Ma il Maestro rimproverò loro questo estremismo (Luca 9‑52). Forse per questo carattere impetuoso sono detti ironicamente «Figli del tuono». Inoltre devono essere stati molto ambiziosi: infatti fecero pressione sulla loro madre per sollecitare dal Maestro i primi posti per sé nel regno messianico. Gesù però non promette loro alcun posto, bensì predice che in seguito sarebbe stato necessario soffrire e lottare per il suo Regno ed i due ' fratelli dissero, tra la gelosia degli altri apostoli, di essere disposti a tutto (Matteo XX‑20).

Dopo la morte ed ascensione di Gesù, Giacomo detto Maggiore per distinguerlo da un altro Giacomo, pure apostolo, si distinse come una delle figure più di spicco nel collegio apostolico. Infatti quando il Re Erode decise di porre fine al cristianesimo incipiente, decise come primo atto di uccidere Giacomo ed imprigionare Pietro (Atti 12‑1). Questo avveniva verso l'anno 42. Giacomo aveva circa 50 anni. Per l'immatura scomparsa dell'Apostolo Giacomo e primo martire e considerando che il cristianesimo solo allora iniziava la diffusione nell'ambiente giu daico del medio oriente, non si vede come e quando Giacomo poté andare in Spagna. Infatti c'è una tradizione, alquanto precisa e pare del V secolo che fa risalire l'evangelizzazione della Spagna all'apostolo Giacomo che sarebbe rimasto in Spagna per nove anni (dal 33 al 42) ed a Saragozza avrebbe ricevuto l'apparizione della Madonna su una colonna (Madonna del Pilar) che lo confortava e l'incitava a continuare la predicazione. Un'altra tradizione spagnola, forse del secolo IX, sostiene che da quell'epoca il corpo dell'Apostolo Giacomo era custodito nella città di Santiago di Campostella nella Galizia. Probabilmente nel primo Medioevo le reliquie del corpo di S. Giacomo vennero trasportate dalla città di Gerusalemme dove erano custodite fino al V secolo dapprima a Mèrida in Spagna ed in seguito alle invasioni degli Arabi vennero nascoste in una chiesetta in mezzo ad un campo nella Galizia. Per una visione ad un monaco vennero ritrovate ed iniziò così la grande venerazione del popolo spagnolo. Santiago (cioè San Giacomo) di Compostella (cioè campo di stelle) come viene chiamato in spagnolo divenne uno dei più celebri santuari del Medioevo. Venne costruita una splendida basilica tuttora esistente, pellegrini da tutta l'Europa andavano a piedi a Santiago seguendo il famoso "cammino di Santiago" una lunga strada che iniziando dal sud della Francia percorreva oltre mille chilometri ed era costellata da ospizi, monasteri, piccoli ospedali ed anche stazioni di cavalieri armati, ove i pellegrini po tevano avere gratis vitto, alloggio, cure e protezione. Santiago ossia S. Giacomo è il patrono principale della Spagna ed eroe nazionale: viene rappresentato con il bastone di pellegrino, la borraccia e conchiglia (pellegrino ed apostolo evangelizzatore) oppure a cavallo con armatura che combatte contro i mori cioè i saraceni (matamoros cioè uccisore dei mori invasori). Splendide feste si fanno al 25 luglio, giorno dedicato da se coli alla memoria del rinvenimento delle sue reliquie.

E' presente nel Martirologio Romano.

Martire a Gerusalemme nel 42 d.C.

E’ detto “Maggiore” per distinguerlo dall’apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo. Lui e suo fratello Giovanni sono figli di Zebedeo, pescatore in Betsaida, sul lago di Tiberiade. Chiamati da Gesù (che ha già con sé i fratelli Simone e Andrea) anch’essi lo seguono (Matteo cap. 4). Nasce poi il collegio apostolico: "(Gesù) ne costituì Dodici che stessero con lui: (...) Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono" (Marco cap. 3). Con Pietro saranno testimoni della Trasfigurazione, della risurrezione della figlia di Giairo e della notte al Getsemani. Conosciamo anche la loro madre Salome, tra le cui virtù non sovrabbonda il tatto. Chiede infatti a Gesù posti speciali nel suo regno per i figli, che si dicono pronti a bere il calice che egli berrà. Così, ecco l’incidente: "Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono". E Gesù spiega che il Figlio dell’uomo "è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" (Matteo cap. 20).
E Giacomo berrà quel calice: è il primo apostolo martire, nella primavera dell’anno 42. "Il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni" (Atti cap. 12). Questo Erode è Agrippa I, a cui suo nonno Erode il Grande ha fatto uccidere il padre (e anche la nonna). A Roma è poi compagno di baldorie del giovane Caligola, che nel 37 sale al trono e lo manda in Palestina come re. Un re detestato, perché straniero e corrotto, che cerca popolarità colpendo i cristiani. L’ultima notizia del Nuovo Testamento su Giacomo il Maggiore è appunto questa: il suo martirio.
Secoli dopo, nascono su di lui tradizioni e leggende. Si dice che avrebbe predicato il Vangelo in Spagna. Quando poi quel Paese cade in mano araba (sec. IX), si afferma che il corpo di san Giacomo (Santiago, in spagnolo) è stato prodigiosamente portato nel nord-ovest spagnolo e seppellito nel luogo poi notissimo come Santiago de Compostela. Nell’angoscia dell’occupazione, gli si tributa un culto fiducioso e appassionato, facendo di lui il sostegno degli oppressi e addirittura un combattente invincibile, ben lontano dal Giacomo evangelico (a volte lo si mescola all’altro apostolo, Giacomo di Alfeo). La fede nella sua protezione è uno stimolo enorme in quelle prove durissime. E tutto questo ha un riverbero sull’Europa cristiana, che già nel X secolo inizia i pellegrinaggi a Compostela. Ciò che attrae non sono le antiche, incontrollabili tradizioni sul santo in Spagna, ma l’appassionata realtà di quella fede, di quella speranza tra il pianto, di cui il luogo resta da allora affascinante simbolo. Nel 1989 hanno fatto il “Cammino di Compostela” Giovanni Paolo II e migliaia di giovani da tutto il mondo.

Il territorio sacro La nascita del Cammino di Santiago


Partiamo da un’immagine: un cavaliere che monta un destriero bianco lanciato al galoppo, il braccio destro alto a stringere con forza una spada e sotto di lui, tra le zampe del cavallo, i corpi agonizzanti dei nemici vinti. Chiunque si sia incamminato lungo la via di pellegrinaggio che conduce a Santiago conosce queste sculture dai colori vivaci e dai tratti sovente ingenui: il cavaliere è Santiago, San Giacomo, apparso sul campo di battaglia a guidare i cristiani alla vittoria; i nemici sono i musulmani invasori della Spagna.
Questo motivo iconografico, così come appare ossessivamente ripetuto nelle chiese che costeggiano i Pirenei e la cordigliera cantabrica, è relativamente recente: si è sviluppato nel tardo medioevo per poi cristallizzarsi in una sorta di perfezione iconografica in periodo barocco. Questo motivo, soprattutto, ci offre un’immagine, per così dire, matura del culto spagnolo di Santiago, un’immagine in cui tutti gli elementi originari appaiono finalmente disposti in una forma coerente. La complessa storia di questo culto è, per molti versi, ormai nota: molti studi ne hanno chiarito gran parte dell’articolazione, hanno mostrato i fili che collegano Compostela alla Francia, hanno evidenziato le strutture profonde che contribuirono a definire la via di pellegrinaggio, hanno indagato le forme istituzionali che legano il ricordo della guerra contro i mori alle nuove necessità dettate dalla dimensione europea assunta dal cammino di Santiago. Le pagine che seguono partono da un presupposto: che prima della guerra, prima dell’immagine stereotipata di Santiago uccisore di Mori, vi sia la strutturazione di uno spazio e di una fitta trama di necessità istituzionali legata alla nuova definizione del potere resa necessaria dopo la conquista musulmana. Quello che segue è il tentativo di raccontare la nascita di questo spazio, e tracciare una prima ricostruzione della storia che precedette quelle statue di cavalieri armati lanciati contro i mori.
All’origine di tutto questo vi è, dunque, un santo.
Giacomo, chiamato il Maggiore, era fratello di Giovanni e figlio di Zebedeo, un pescatore; i Vangeli non forniscono molte altre informazioni riguardo alle sue origini e associano solitamente il suo nome a quello di Giovanni. Secondo gli Atti degli Apostoli, subì il martirio sotto Agrippa: “Erode fece uccidere di spada Giacomo fratello di Giovanni” (At 12,2); il testo però tace sulla precedente attività missionaria di Giacomo. E’ a partire dal secolo V, quando, cioè, si sviluppa la venerazione verso tutti gli apostoli, che, tanto in oriente quanto in occidente, appaiono compilazioni in cui viene sistematizzata a scopo liturgico una serie di notizie relative ai differenti apostoli: calendari delle feste, breviari, notitia de locis e nomina Apostolorum. E’ in quel periodo, che alcuni testi orientali, tra cui figura una Passio Sancti Jacobi latina di particolare importanza, prendono a evocare la sua predicazione in Giudea e Samaria. La Passio Santi Jacobi, nota anche come Passio Magna, non cita dunque la Spagna: la predicazione di Giacomo, per questo testo redatto tra i secoli V e VI, si sarebbe fermata in oriente.
E’ solo dopo l’anno 600 che comincia a circolare in occidente un’opera che avrà un’enorme importanza per il successivo culto di Santiago. Si tratta del cosiddetto Breviarium Apostolorum, un testo che probabilmente consiste in una traduzione adattata dei Cataloghi Apostolici greci del secolo VI e che pare aver cominciato a circolare nella Penisola iberica verso la fine del secolo VII. E’ in esso che, per la prima volta, appare la notizia della predicazione di Giacomo in Spagna.
Va però subito aggiunto che, malgrado questo e altri accenni a una non meglio precisata predicazione apostolica in Spagna, con particolare riferimento, naturalmente, a Paolo di Tarso, non troviamo alcuna traccia di simili problemi nell’organizzazione della primitiva chiesa spagnola.
Le prime concrete menzioni di un collegamento tra Giacomo e la Spagna non compaiono che a cavallo dei secoli VII e VIII. In particolare, due sono i testi in cui figura un esplicito riferimento alla predicazione dell’apostolo nella Penisola iberica. Il primo è l’opera – inglese - di Aldhelmo di Malmesbury (m. 709), che nel suo poema destinato all’altare di Santiago, segnala la sua predicazione in Spagna. Il secondo è invece un testo di origine spagnola, conosciuto come De ortu et obitu patrum, da molti attribuito a Isidoro da Siviglia e che, in ogni caso, rappresenta un documento di straordinaria importanza, specie per il suo riferimento alla sepoltura spagnola di Giacomo.
Ma, sino a questo momento, nessuno degli scarsi testi a nostra disposizione, rappresenta un valido testimone del fenomeno giacobeo; in altri termini: il fatto che vi siano più o meno precisi riferimenti alla predicazione dell’apostolo Giacomo in Spagna non attesta di per sé la nascita e, tanto meno, la diffusione di un suo culto generalizzato nella Penisola iberica. Per comprendere, però, il successivo radicamento spagnolo del culto di Santiago, occorre aprire una parentesi e intenderci, almeno brevemente, sul significato politico e territoriale di quello spazio che il santo sarebbe stato poi chiamato a proteggere.
IL POTERE ASTURIANO E LA NASCITA DEL TERRITORIO
Sin dai primi tempi, dopo l’invasione musulmana del 711, i re cristiani arroccati nella Spagna del nord ricostruirono il potere a partire da un ricordo: quello di un eredità visigota che li legava direttamente alla romanità. Fu più di un semplice recupero di titoli onorifici: fu un progetto di legittimazione estremamente articolato, che passò attraverso una serie di nuove necessità istituzionali. Leggiamo nel Ciclo di Alfonso III, di Alfonso I (739-757), il sovrano asturiano che avrebbe dato inizio al lento recupero del territorio iberico finito in mani saracene: egli, si dice, dopo molte battaglie contro i Saraceni fece sì che venisse ripopolata (populator) parte del territorio che corre a nord dalle Asturie sino a Pamplona. In questa idea di populatio dobbiamo vedere uno dei termini chiave di questo processo di legittimazione. Contrariamente a quanto pensò una certa endenza storiografica spagnola, l’invasione musulmana non aveva generato, verso nord, una zona di spopolamento strategico, ma piuttosto un’area di grande instabilità, dove sempre più forte si faceva, per il piccolo e giovane regno asturiano, la necessità di affermare un controllo territoriale. E’ tale necessità che troverà realizzazione nell’idea di populatio, termine che indica un processo di colonizzazione, ma anche la sistemazione di nuovi gruppi umani e la fissazione di regole economiche, sociali, amministrative e ideologiche. Tale Populatio patrie ebbe un suo supporto necessario nella contemporanea restauratio ecclesiae: l’organizzazione dello spazio andò definendosi, cioè, attraverso il collocamento e l’organizzazione di gruppi di persone all’interno di un territorio soggetto al controllo ecclesiastico.
E’ questo l’altro imprescindibile elemento della costruzione della legittimità asturiana: Populatio patrie e restauratio ecclesiae vanno assieme non solo dal punto di vista della strategia territoriale: il sovrano incarna necessariamente entrambe. E’ noto come la politica di Alfonso II avesse tratto un nuovo impulso al recupero del proprio passato visigoto e allo sviluppo politico e militare del regno proprio attraverso i buoni rapporti mantenuti con Carlo Magno e la corte palatina: l’idea dell’imperium christianum forgiata da Alcuino, l’idea soprattutto di quella dilatatio christianitatis che in quegli anni sosteneva il progetto di Carlo ai danni dei Sassoni, degli Avari e degli stessi Arabi di Spagna, non poteva non suggestionare i monarchi asturiani che sino a quel momento erano rimasti passivi, arroccati nei monti settentrionali.
Troveremo questi elementi ormai saldati assieme nel periodo, il secolo X, in cui compaiono le redazioni a noi note delle cronache asturiane: di Pelagio, colui che avrebbe respinto la prima avanzata musulmana, si dirà che quanto più diffondeva il nome di Cristo sulla terra, tanto più svaniva il pericolo costituito dai Saraceni; si narrerà della sepoltura di Alfonso I, quando tutti coloro che lì si trovavano avevano udito il canto degli angeli; si ricorderà come, dopo avere sconfitto migliaia di Saraceni, ed avere condotto una vita casta, sobria e pia, il glorioso spirito di Alfonso II fosse tornato al cielo.
Nel caso spagnolo, poi, questo profondo legame tra necessità religiosa e regalità, si unisce a un tema specifico, anch’esso già presente nelle cronache: si tratta quella lamentatio per la perdita della Spagna che costituisce uno dei più diffusi luoghi comuni della storiografia iberica. Di fatto, tale topos funziona, per così dire, solo se posto in intima connessione con un tema molto più antico: quello della laus Hispaniae. Il riferimento diretto è a Isidoro di Siviglia, che nelle Etimologie e nella Historia Gothorum aveva definito i termini di tale elemento retorico, a sua volta desunti in buona parte dalle Georgiche virgiliane. Una terra dall’aria salubre, feconda di ogni tipo di frutto, ricca di pietre preziose e metalli: è questo giardino edenico che i musulmani strappano ai legittimi abitanti. E non è casuale il riferimento al tema biblico della caduta: le cronache non parlano, infatti di nemici, ma di punizione divina, così come era stato per Israele: la crudelitas mostrata dai musulmani è strumento di Dio. E’ a partire da questo che si giustifica ideologicamente la necessità istituzionale della populatio e della restauratio ecclesiae.
LA NASCITA DI SANTIAGO
All’interno di questo quadro Santiago si inserisce in un punto piuttosto preciso. Si tratta dell’inno o Dei verbum patris, un’opera che, stando all’acrostico finale, che fa esplicito riferimento al re Mauregato,dovrebbe essere stata composta tra i 783 e il 788. Tralascio, perché irrilevante in questo contesto, la disputa, tuttora aperta, sull’attribuzione dell’inno, fermo restante che gli argomenti che lo vogliono opera di Beato di Liébana, paiono poco convincenti. Ciò che conta è che questo testo articola, attorno alla figura di Giacomo, un discorso politico relativamente complesso e assolutamente nuovo rispetto alle citazioni che abbiamo incontrato precedentemente. L’inno deve molto nella sua struttura e nei suoi argomenti a svariate tradizioni di provenienza orientale e, in particolar modo, siriaca, ma, al di là di questo, fonda, di fatto, un legame tra il santo e la terra. A Santiago esso si rivolge definendolo come “il più santo apostolo, che rifulge come capo aureo della Spagna”; egli ne è protettore (protector) e patrono (patronus). Più difficile mi sembra sostenere un collegamento diretto tra l’opera del santo e la guerra combattuta da Mauregato, o da altri re asturiani, contro i saraceni. Solo una volta, infatti, l’inno accenna a dei regni conquistati (Regna potiti vestiamur gloria) e, peraltro, all’interno di una strofa, la penultima, strutturata evidentemente come una generica invocazione per la protezione del santo, in cui tutti gli altri elementi attengono alla cura pastorale, riprendendo così, mi sembra, il tema sacerdotale su cui l’inno, in apertura, costruisce l’immagine degli apostoli. Al di là di ogni altro problema filologico, rimane il dato inequivocabile di un legame profondo tra Santiago e la monarchia asturiana.
A questo punto, però, occorre registrare un altro singolare aspetto del problema, e cioè il fatto che le più antiche menzioni della sepoltura di San Giacomo nella Penisola iberica non siano spagnole, bensì francesi. E’ infatti nel Martyrologium di Usuard (m. 877), dedicato a Carlo il Calvo attorno all’anno 875, che troviamo il primo riferimento alla tomba di San Giacomo in Galizia: le sue “santissime ossa” sarebbero state traslate in Spagna, dove godrebbero di grande venerazione. In questa sede non riveste fondamentale importanza il problema filologico relativo al rapporto di tale martirologio con altri due testi del secolo IX di area francese: il Martyrologium di Florus di Lyon (c. 800-860), il cui originale non ci è pervenuto, e la revisione che di esso fece Ado di Vienne (m. 875), in cui possiamo leggere un accenno alla sepoltura dove si precisa maggiormente la sua collocazione vicina all’Oceano. Ciò che appare comunque evidente è come, attorno alla metà del secolo IX, in Francia fosse attestata e relativamente consolidata l’idea che il corpo dell’apostolo Giacomo fosse stato traslato dalla primitiva sepoltura gerosolomitana e si trovasse in Spagna dove godeva di grande venerazione.
E’ solo alla fine del secolo, in particolare in un documento dell’anno 883, che compare la prima menzione spagnola della sepoltura: si garantisce il controllo del sepolcro a un gruppo di monaci e al vescovo Sisnandus di Ira Flavia, che era stato eletto e installato da un concilio provinciale.
Questa serie di dati, di evidente complessa interpretazione, deve inevitabilmente legarsi al difficile problema del “ritrovamento” della tomba di San Giacomo in Galizia, ritrovamento che le posteriori fonti storiografiche spagnole, a cominciare, naturalmente dalla Historia Compostellana, collocano all’epoca del vescovato di Teodomiro di Iria (m. 847). Tralascio volutamente ogni riferimento alle tradizioni relative al trasferimento del corpo di Giacomo dal monastero di Menna, sul Sinai, alla penisola Iberica, e mi soffermo invece sull’aspetto della inventio, tema ampiamente dibattuto, pur senza alcuna precisa soluzione, dalla storiografia classica.
Una notevole modificazione della prospettiva fu offerta, nel 1957, dai risultati della terza fase degli scavi effettuati nel sottosuolo della Cattedrale di Santiago di Compostela, quando apparve proprio il sarcofago di Teodomiro di Iria. Su di esso era incisa una croce asturiana e una epigrafe di quattro linee: in hoc tvmvlo requiescit / famvlvs d(e)i theodemirvs / hiriense sedis ep(iscopu)s qvi obiit / xiii k(a)l(en)d(a) n(ovem)br(i)s era dccclxxxva34. Attraverso tale ritrovamento è stato possibile dare per sicura l’esistenza di una primitiva chiesa compostelana, se non all’epoca di Alfonso II, almeno nell’anno 847, durante il regno, dunque, di Ramiro I. E, inoltre, il fatto che un vescovo di Iria fosse sepolto non nella sede episcopale, bensì a Compostela, lascerebbe supporre un’intenzione consapevole, spia dell’aumentata importanza di quel luogo (la città di Iria si trovava comunque a poca distanza da Compostela)Anche la croce asturiana è elemento di grande interesse e che, di fatto, concorda con gli altri pur scarsi elementi a nostra disposizione: il collegamento tra il culto di Santiago e la monarchia asturiana esplicitato dall’inno O Dei verbum e un’altra croce, che Alfonso III aveva destinato alla chiesa di Santiago nell’anno 874, sancendo un legame che sarebbe stato rinsaldato alcuni anni dopo, quando lo stesso re patrocinò la costruzione della seconda basilica di Santiago, consacrata da Sisnando di Iria nell’899.
Se si tiene conto del fatto che Teodomiro era stato nominato vescovo da Alfonso II (791-842), il re a cui rimonta anche la prima attestazione di una croce regale, e anche il primo a ricevere l’unzione regia, l’insieme degli elementi che legano la nascita del culto di Santiago alla monarchia delle Asturie acquista una certa coerenza e ci permette, inoltre, di delimitare cronologicamente tale fenomeno attorno alla prima metà del secolo IX. A questo insieme possiamo aggiungere ancora un elemento, e cioè quello stretto rapporto, verificato tanto per l’affermazione monarchica quanto per la diffusione del culto, con il vicino impero carolingio. Ho accennato precedentemente ai rapporti di amicizia che le fonti franche attestano già a partire dalla fine del secolo VIII quello che qui mi preme sottolineare è che tali legami influirono più o meno scopertamente anche sulla nascita del culto di Santiago. Non solo, infatti, ci giungono dall’impero carolingio le prime attestazioni della sepoltura iberica di Giacomo, ma, già a partire dall’inizio del secolo X, i riferimenti a pellegrini procedenti da luoghi dell’impero, o che di esso avevano fatto parte, si fanno relativamente numerosi. Tra le prime menzioni in assoluto è quella di un chierico del monastero di Reichenau, che si dice aver recuperato la vista dopo la visita a Santiago di Compostela. A metà del secolo, poi, è la volta del vescovo Gotescalco di Puy, che sappiamo aver iniziato il viaggio alla volta di Compostela tra il 950 e il 951
SANTIAGO VISTO DALL'ISLAM
Una conferma di tali dati viene anche dalle fonti arabe coeve e successive. Tra esse, è di particolare rilevanza la celebre descrizione di Santiago fornita da Ibn ‘Idhârî, autore maghrebino vissuto alla fine del secolo XIII ed autore di una celebre opera annalistica. Tale descrizione è legata al fatto politico e militare che fece entrare improvvisamente Santiago di Compostela nella storia dell’islam.
Era la fine dell’anno 387 del calendario musulmano, l’inizio del luglio 997 secondo il calendario cristiano, quando l’esercito musulmano si mise in marcia da Cordova alla volta di Santiago. A guidarlo era il ciambellano (hâjib) del califfo Hisham II, ‘Abd Allâh ibn Muhammad ibn Abî Amir al-Ma‘âfirî, che dal 371/981, quando aveva preso il titolo di al-Mansûr, deteneva di fatto il potere su al-Andalus, la regione della Spagna sotto potere musulmano. Il motivo contingente che lo spingeva così lontano era presumibilmente l’ennesimo segnale di ribellione del re di León Bermudo II, concretizzatosi nel rifiuto di versargli il tributo a cui era assoggettato; ma Santiago rappresentava, in un certo senso, anche il punto di arrivo necessario di quel vasto progetto militare e ideologico che lo impegnava ormai da anni in una forte ripresa del conflitto contro gli stati del nord. Questa era infatti la spedizione, la ghazwa, numero quarantotto, ultima di una lunga serie cominciata, stando a un autore quasi contemporaneo, già prima di assumere il titolo di hâjib, ma cresciuta di intensità a partire dal 981, l’anno della sua vittoria nella guerra civile che aveva attraversato il califfato.
Due furono, stando almeno alle fonti, le peculiarità di questa spedizione: la distanza innanzitutto - perché mai si era spinto così lontano, sino all’interno della Galizia (Ghalîsiyya) per una ghazwa - e poi perché doveva rappresentare evidentemente un bersaglio dotato di particolare rilevanza, tanto economica quanto simbolica, ammesso che allora tali categorie facessero necessariamente differenza. E’ a questo punto della narrazione che Ibn ‘Idhârî inserisce la descrizione di Santiago; una descrizione che, pur essendo il testo piuttosto tardo rispetto agli avvenimenti narrati, è basata presumibilmente su fonti precedenti. In essa leggiamo che Santiago (Shant Yâqûb), nella lontana Galizia (Ghalîsiyya), era il più grande luogo di pellegrinaggio (mashâhid) dei Cristiani che si trovasse nella terra di al-Andalus, un luogo la cui importanza per i fedeli era paragonabile, addirittura, a quella della Ka’ba per i musulmani. A questo sepolcro si recavano in pellegrinaggio dai limiti estremi del paese dei Romani (bilâd al-Rûm), in quanto si diceva che vi fosse custodito il corpo di Giacomo (Yâqûb), quello tra i dodici apostoli che aveva il rapporto più stretto con Gesù e che, proprio per questo era chiamato suo fratello. Anzi, molti di loro affermavano che anche Giacomo fosse figlio di Giuseppe il falegname e che, quindi, fosse il fratello del Signore (’akh al-Rabb).
Due sono i dati su cui mi sembra necessario soffermarsi: innanzi tutto l’esplicito riferimento al ruolo che sarebbe stato ricoperto dal sepolcro già alla fine del secolo X. I pellegrini vi giungevano dai limiti estremi delle terre dei rûm, e tanta era la loro devozione nel compiere quel viaggio che il sepolcro pareva, addirittura, ricoprire un ruolo analogo a quello della Ka’ba, centro focale del pellegrinaggio alla città di Mecca per i musulmani. E’ chiaro che siamo di fronte a una serie di argomentazioni volte, più o meno scopertamente, ad esaltare la grandezza dell’opera di al-Mansûr, ma quello che interessa qui è, più semplicemente, l’attestazione di un culto diffuso e di una pratica di pellegrinaggio che supera ampiamente i confini iberici. Un dato, questo, che ci viene confermato da una fonte ancora più interessante in quanto coeva ai fatti. Si tratta della poesia di Ibn Darrâj al-Qastallî, panegirista, della corte di al-Mansûr, che proprio a quella spedizione contro Santiago pare aver partecipato, e sulla quale scrisse alcune poesie celebrative; in una di esse parla di Compostela come del più elevato edificio dei politeisti, dove affluiscono Romani (rûm), Abissini (hubsh) e Franchi (franj)50. In secondo luogo dobbiamo considerare la confusione attestata tra i diversi Giacomo, il fratello di Giovanni e il fratello di Gesù, essa pare essere abbastanza diffusa nei testi arabi di provenienza andalusa e, probabilmente, rispecchia anche alcune analoghe teorie circolanti in ambienti cristiani. Non è questa la sede per approfondire l’argomento; mi limito a ricordare come l’idea che Gesù avesse dei fratelli fosse comunemente accettata nel mondo musulmano e che, ad esempio, il giurista e intellettuale di Cordova Ibn Hazm (m. 1064) la riportasse nel suo libro sulle religioni, specificando il loro numero e il loro nome (Simone, Giuda, Giacomo e Giuseppe) pur avendo cura di notare che tale credenza non era propria dei cristiani. Su Santiago, poi, ancora nel secolo XIV, un’opera anonima ricorderà che essa è la città di Giacomo (Yaqûb), figlio di Giuseppe il commerciante, il marito di Maria la giusta, come dicono i cristiani, e che in questa città si trova il suo sepolcro.
IL CONSOLIDAMENTO DEL CULTO
commerciante, il marito di Maria la giusta, come dicono i cristiani, e che in questa città si trova il suo sepolcro.
in tutti i calendari del secolo XI, il 30 dicembre figura, invariabilmente come giorno dedicato a Sancti Iacobi apostoli, fratris Iohannis apostoli euangeliste Una data strana, questa del 30 dicembre, specie se teniamo conto del fatto che tutti i martirologi inglesi e continentali concordano nel collocare la festa dell’apostolo Giacomo il 25 luglio, ma che probabilmente trova una spiegazione nel fatto che la Passio Sancti Iacobi, diffusa in Spagna dall’epoca visigota, collocava il martirio del santo tra quello di Santa Eugenia e Santa Columba, cioè, appunto, proprio negli ultimi giorni di dicembre.
I segnali di un rapido intensificarsi del culto di Santiago, a partire dalla seconda metà del secolo IX, si fanno, dunque, sempre più fitti. In questo senso, appare rilevante anche il rapidissimo accenno che si trova nella Cronaca Albeldense, in cui, enumerando i vescovi e le loro sedi, si cita Sisnando, vescovo di Iria, la città illustre per Santiago, e più avanti, si ricorda altrettanto brevemente, che nell’anno 883, sotto Alfonso III, Almundir distrusse totalmente i monasteri dei santi Facundo e Primitivo, cioè il monastero di Sahagún, una delle tappe fondamentali del cammino di Santiago. Da qui in poi le fonti attestano, con sempre maggiore chiarezza, come il culto e soprattutto la struttura del cammino di Santiago prendano a definirsi e articolarsi con crescente precisione e coerenza. Di questo abbiamo un’ulteriore prova - assai rilevante dal punto di vista del rapporto tra il culto e uno spazio determinato - nei cicli miniaturistici legati alla riproduzione del commento all’Apocalisse di Beato di Liébana, una delle opere più diffuse del medioevo iberico. Ora, tutti i codici a nostra disposizione presentano inizialmente una carta del mondo, una mapa-mundi che doveva figurare già nell’originale di Beato, come lascerebbe supporre anche il testo stesso, facendola precedere dalle parole sicut pictura demostrat. Naturalmente non conosciamo le caratteristiche della carta che doveva figurare nell’originale, ma quello che è certo è che nei Beatos di cui disponiamo (tutti, a parte alcuni frammenti, datati a partire dal secolo X) l’apostolo Giacomo è raffigurato con l’immagine di un edificio, unito alla parola Galletia, allusione evidente al santuario di Compostela. Così, ad esempio, nel Beato di Burgos di Osma è raffigurato un grande tempio con acclusa la scritta Sanctus Jacobus Apostolus, nel codice di Emetrio e Ende è invece raffigurata la testa dell’apostolo e la legenda Sancti Jacobi; ancora più chiaro è il foglio 71 del Regius Vaticanus 571, manoscritto del secolo X, che, accanto a un fiume del nord della Spagna, reca la scritta hic predicavit Jacobus. E si tenga conto del fatto che, almeno dal secolo X, una copia di quest’opera non mancava in nessun monastero importante del regno di León.
Il secolo successivo mostra un ulteriore consolidamento delle pratiche di pellegrinaggio e del culto; sappiamo, ad esempio, che nel 1072 vi erano moltitudini di pellegrini germanici, italiani e francesi che beneficiavano dell’abolizione del pedaggio che si pagava all’entrata in Galizia. Inoltre, alcuni anni dopo, nel 1075, sarebbe stata iniziata la costruzione della grande basilica romanica, quarta e ultima delle chiese di Santiago. E proprio in tale occasione avrebbe avuto origine un documento di grande rilevanza, la cosiddetta Concordia di Antealtares (1077): sostanzialmente un patto sottoscritto tra il vescovo di Santiago, Diego Peláez, e i monaci del monastero compostelano di Antealtares, allo scopo di ricomporre una serie di discordie nate proprio a proposito della costruzione della nuova chiesa di Santiago. Ciò che rende tale documento di particolare interesse è la lunga narratio in cui si definiscono, con relativa precisione, gli avvenimenti legati al ritrovamento del sepolcro di Santiago in Galizia. Per fare questo, il testo indica come fonte una presunta lettera di papa Leone. In essa si narra che il luogo della sepoltura era stato dimenticato e che il miracoloso ritrovamento cominciò grazie ad alcune luci, che richiamarono inizialmente l’attenzione, di un eremita, un certo Pelayo, e poi di altri fedeli di una chiesa vicina. A quel punto, richiamato dal prodigio, giunse anche il vescovo di Iria, Teodomiro, il quale, dopo tre giorni di digiuno, scoprì il sepolcro dell’apostolo Giacomo; ne diede allora notizia al re Alfonso II, il quale ordinò che sul luogo fossero costruite tre chiese: la chiesa di Santiago, una dedicata a Giovanni Battista e la chiesa monacale di Antealtares.
Pochi anni dopo questa data, ma sicuramente prima che Urbano II decretasse il trasferimento della sede di Iria a Compostela nel 1095, un anonimo chierico compostelano compose il cosiddetto Cronicon Iriense, il cui obiettivo, secondo le preoccupazioni del momento, sarebbe proprio quello di presentare la sede compostelana come legittima erede della sede iriense. Ed è secondo tale ottica che viene proposta la narrazione della inventio: Alfonso II, venuto a conoscenza da Teodomiro del ritrovamento del sepolcro, giunge in Galizia causa orationis, lì offre a Santiago molti doni, tra cui un territorio delimitato da Sionlla, Lestedo, e la villa Astructi; inoltre, trasferisce alla nuova chiesa dedicata a Santiago gli onori e la dignità della sede iriense. Sempre secondo questa cronaca, fu tenuta una riunione di saggi allo scopo di determinare il nome che occorreva dare al luogo appena fondato; tre furono le proposte: Locus Sanctus, Liberum Donum e Compositum Tellus, da cui il cronista fa derivare Compostella. E’ stato notato64 come tale curioso racconto possa avere avuto lo scopo di ricordare come la città di Compostela fosse la somma di due spazi: il Locus Sanctus, la dotazione iniziale della chiesa, e il territorio frutto della donazione regia, rivendicando così la signoria della chiesa di Santiago sopra la città di Compostela.
Da questo documento traspare, inoltre, un’altra necessità dettata dagli eventi: nel 1074 una carta di Gregorio VII sanciva l’urgenza dell’adozione, da parte della Spagna, del rito romano; e solo da Roma sarebbe potuta giungere l’autorizzazione al trasferimento canonico della sede iriense, ponendo fine, così, all’insicurezza che, a tale proposito, aveva generato la restaurazione della sede toledana nel 1088. Così, ricordare come il trasferimento della sede non avesse altra origine che quella del ritrovamento del sepolcro di Santiago, rappresentava un ulteriore tentativo di fondare la raggiunta autonomia della chiesa di Compostela.
E non è un caso, neppure, che la cronaca leghi cronologicamente il vescovo Teodomiro a Carlomagno e sottolinei il legame tra Alfonso II e l’imperatore. Il rapporto tra Francia e Santiago, l’abbiamo visto, era sempre stato forte, e ora, negli anni in cui Raimondo di Borgogna si trovava in Galizia e al soglio vescovile di Toledo saliva un francese, questo non poteva che intensificarsi. Poco dopo il 1095 anche a Santiago sarebbe giunto, per la prima volta, un vescovo francese: il cluniacense Dalmacio.
La Historia Compostellana, opera della prima metà del secolo XII ed espressione della forte personalità del vescovo Gelmírez, avrebbe in un certo senso portato a compimento le pretese dei testi immediatamente precedenti: Santiago era divenuta sede vescovile dal 1095; un corpo di sette cardinali, istituiti da Pasquale II, more romano, celebrava il culto supra corpus apostoli; Raimondo di Borgogna, conte di Galizia, era stato sepolto a Compostela e, infine, nel luglio del 1109 era morto Alfonso VI e il giovane Alfonso Raimúndez, che era stato battezzato da Gelmírez, di lì a poco sarebbe stato incoronato re di León a Compostela.
SANTIAGO MATAMOROS
Siamo dunque giunti oltre i limiti cronologici del presente studio senza aver trovato alcun accenno al tema che sarà successivamente riprodotto nelle state equestri del Santo. Ciò che si è visto, questo sì, è stata una progressiva elaborazione dottrinale del culto di Santiago in funzione della definizione di un esplicito legame tra spazio e potere: il luogo della inventio e il cammino che da lì si articola, non appaiono mai disgiunti dalla legittimità monarchica asturiana; e questo già, come abbiamo visto, dai tempi dell’inno O Dei verbum. Ma tale fatto, con buona pace di molti autori anche molto recenti, non implica affatto un legame originario tra Santiago e Reconquista. E ciò per due motivi fondamentali: in primo luogo, ovviamente, occorre dimostrare - e non è facile - che qualcosa di simile a una riconquista sia esistita nella Penisola iberica sin dall’inizio (ma con “inizio” intendo quasi un paio di secoli) della conquista musulmana; in secondo luogo rimane l’evidenza delle fonti, che mai, sino a tutto il secolo XI, legano Santiago alla guerra.
A quanto mi risulta, uno dei primi luoghi in cui questo rapporto viene esplicitato con chiarezza, è quello presentato dalla Historia Silense al momento di descrivere la presa di Coimbra: è il 1064 e Fernando I si accinge a strappare la città di Coimbra dalle mani dei musulmani; a Compostela un pellegrino greco ha una visione. Dopo avere pregato a lungo l’apostolo, il “buon cavaliere” (bonum militem) va in estasi e gli appare un grande cavallo bianco davanti alla porta della chiesa, mentre Santiago gli annuncia che il giorno seguente, all’ora terza, Coimbra sarà del re Fernando.
Troviamo la stessa notizia anche nel Liber Sancti Jacobi conosciuto comunemente come Codex Calixtinus (metà del s. XII): anche qui, infatti, appare al pellegrino greco l’apostolo Giacomo in occasione della presa di Coimbra. E da questo momento in poi è un moltiplicarsi di notizie del santo che, a cavallo e brandendo la spada, guida i cristiani nella lotta contro i saraceni. Un’idea, questa che, consolidandosi, agirà anche retrospettivamente, se è vero che la Crónica general di Alfonso X (seconda metà del secolo XIII), ricordando la battaglia di Clavijo, avvenuta al principio del secolo IX, racconterà di come Santiago apparve al re Ramiro I per tranquillizzarlo sull’esito dello scontro, perché Gesù l’aveva mandato a difendere la Spagna contro i nemici della fede ed egli avrebbe guidato i cristiani sul campo di battaglia, montando un cavallo bianco e brandendo una spada scintillante.
Sarà opportuno aggiungere alcune considerazioni. La prima ci viene proprio da quest’ultimo testo: il passaggio della Crónica general appena incontrato, infatti, è, nella sua prima parte, la traduzione castigliana del cosiddetto Voto di Santiago, atto con cui si sanciva una donazione annuale all’apostolo in segno di riconoscenza per la liberazione del territorio dai mori. Un voto, questo, il cui valore non fu scalfito dal tempo, se è vero che i Re Cattolici lo estesero al regno di Granada dopo la sua conquista (1492) e che in alcune zone rimase in vigore sino al secolo XIX. Abbiamo già visto come il culto dell’apostolo si fosse legato strettamente a una precisa determinazione territoriale; ma questo, ancora, non spiega come tale insieme relativamente eterogeneo confluisse nel più articolato discorso sulla guerra.
LA GUERRA E IL TERRITORIO
Sul finire del secolo XI si definisce un itinerario verso Compostela che assume la fisionomia concreta di una strada di pellegrinaggio, se intendiamo con tale definizione una rete viaria dotata di strutture assistenziali e devozionali finalizzate a condurre coloro che intraprendono il cammino sino a quella che è riconosciuta come meta del pellegrinaggio, cioè, in questo caso, il sepolcro di Santiago. Il quinto libro del Liber Sancti Jacobi, generalmente noto come Guida del pellegrino di Santiago, assolve, appunto, il compito di sancire tale definizione dello spazio. Quattro erano le vie che conducevano verso la Spagna e che lì si riunivano in una sola. La prima era la via tolosana, seguita dai pellegrini provenzali, ma anche dagli italiani e dagli slavi, che la raggiungevano sia attraverso le Alpi, sia passando la costa ligure; anche se, per influsso delle tradizioni carolingie, già dal secolo XII si sarebbe preferito entrare in Spagna dal valico di Roncisvalle. Vi era poi la via podense, che iniziava ai piedi di Notre Dame du Puy e che rappresentava il punto di raccolta dei pellegrini borgognoni e tedeschi. Per Limoges, invece, passava la via lemovicense, utilizzata tanto dai borgognoni, quanto da pellegrini francesi, tedeschi, fiamminghi e scandinavi. E infine la via turonense, così chiamata in quanto passava per la città di Tour, considerata il magnum iter Sancti Jacobi, in quanto in essa convergevano gran parte dei pellegrini del nord Europa. Punto di incontro spagnolo di questi quattro itinerari francesi era, stando alla Guida, Puente la Reina, un centinaio di chilometri a sud-ovest di Roncisvalle (da cui successivamente, come già detto, comincerà il Cammino), sulla strada che passa per Pamplona e che attraversa, seguendo parte degli antichi tracciati romani, città quali Logroño, Burgos, León e Astorga.
Non è un caso che tale struttura trovi la sua definizione solo nel secolo XII. A tale proposito è ben noto che l’idea stessa di peregrinus come persona che viaggia per motivi religiosi, non sia precedente al secolo XI. Quando Dante nella Vita nuova, ricorderà che il termine “pellegrino” si può intendere in due modi, sancirà di fatto la distanza tra uso antico e, per così dire, moderno, della parola: in senso largo, pellegrino è chiunque è fuori dalla sua patria, secondo l’uso antico del latino peregrinus che, appunto, indicava lo straniero; in senso stretto, invece, pellegrino altri non è che colui che si dirige verso la casa dell’apostolo Giacomo. E’ in questi secoli, dunque, senza avventurarci in problemi già sin troppo noti, che prende a definirsi la struttura del pellegrinaggio; e di tale radicale innovazione sono spie evidenti tanto le prime testimonianze scritte di una struttura viaria articolata, quanto le attestazioni di mutamenti lessicali relativi al pellegrinaggio stesso.
Detto questo, ritorniamo allora al cammino. Abbiamo visto come anche la Guida del pellegrino sottolinei la rilevanza dell’elemento francese anche nella definizione spaziale del percorso; pur non ritenendo necessario esagerarne l’importanza, non si può, a tale proposito, passare sotto silenzio il ruolo giocato dal movimento cluniacense nella definizione delle strutture del cammino. Il fatto che a partire dal secolo XI gli interessi politici di Cluny presero a unirsi sempre più strettamente a quelli della casa di Borgogna, contribuì innegabilmente allo sviluppo della peregrinazione iacobea: le abbazie e i monasteri che sul cammino facevano capo a Cluny, assicuravano ai sovrani iberici tanto una serie di fondamentali legami politici quanto il mantenimento del culto regio spagnolo, di cui l’ordine cluniacense era garante. La struttura spaziale del cammino di Santiago, rivelava, insomma, l’antico legame con la Francia; legame che, come è stato spesso sottolineato, giungeva persino ad armonizzare anche le caratteristiche architettoniche, definendo uno stile relativamente unitario.
E, nell’evoluzione del culto iacobeo, anche l’elemento della guerra non può essere cercato facendo astrazione da questo ininterrotto legame con il nord dei Pirenei. Non è un caso, infatti, che proprio all’interno del Codex Calixtinus, come libro IV, trovi posto la cosiddetta Historia Karoli Magni o Historia Turpini, un testo composto presumibilmente tra il 1130 e il 1140, in cui si raccolgono precedenti leggende epiche e annotazioni storiche, con lo scopo di presentare Carlo Magno come liberatore della Spagna e come primo pellegrino compostelano. Pur all’interno di una struttura narrativa fantastica, i cui elementi principali appaiono desunti da precedente materiale epico, il testo definisce attraverso la figura di Carlo Magno un’elaborazione ideologica del conflitto contro i musulmani, avendo cura di specificare, attraverso il culto a Santiago, la legittimità del potere cristiano sull’occidente.
A tale proposito è stato recentemente sottolineato come gran parte dell’epica francese del periodo si sviluppi proprio attorno al cammino di Santiago: di questo non è testimonianza solo l’importanza data ai saraceni in tali canzoni di gesta, ma, molto più, precisamente la stessa toponimia, spesso un adattamento francese dei nomi di note località poste sulla via iacobea. Questo ad esempio ritroviamo nell’Assedio di Cartagine, dove la Saint-Fagon di Carlo Magno cela la città di Sahagún, e così è per le città perse dal cristiano Anseïs contro i musulmani: Ravenel (Rabanal del Camino), Estorges (Astorga), Lion (León), Maisele (Mansilla), Castesoris (Castrogeriz).
IL NEMICO DEI MUSULMANI
Gli elementi sono tutti qui. Cosa abbia contribuito, però, a combinare questo peculiare rapporto tra culto del santo, potere e spazio in un insieme coerente esula, almeno in parte dagli scopi del presente studio. In un’altra sede ho studiato l’evoluzione dell’idea del nemico musulmano nella Spagna cristiana: da lì, ritengo, occorre partire per identificare i nodi che contribuiranno a legare indissolubilmente il culto di Santiago alla guerra.
In una scena di battaglia narrata dal Poema de mio Cid, tra corazze deformate dai colpi e pennoni bianchi rossi di sangue, si staglierà un’immagine dei due gruppi avversari non priva di interesse: da una parte i mori (moros) che invocano Maometto, dall’altra i Cristiani che inneggiano a Santiago; il lungo processo di definizione del culto giacobeo pare qui essere giunto già a un suo consolidamento. Da quel momento si manifesta con sempre maggior chiarezza il legame tra Santiago e la guerra contro i musulmani. Ma vi sono radici antiche in questo: il rapporto tra l’apostolo e la legittimità asturiana, il fatto che questo rapporto definisca con relativa chiarezza il possesso del territorio, a cominciare dalla definizione di una serie di percorsi, il rapporto mai sopito con la monarchia francese. Santiago riassume in sé l’avvenuta costruzione di uno spazio - distinguere tra “territoriale” e “politico” sarebbe, di fatto, ozioso -; l’immagine della guerra tra i cristiani e i saraceni, ma il mio è solo un suggerimento preliminare, giungerà dopo, a definire retrospettivamente un potere consolidato.

mercoledì 24 marzo 2010

DOVE DORMIRE E CENARE A SANTIAGO




Se avete intenzione di passare per Santiago de Compostela, e ancor di più se per pellegrinaggio, Casa Manolo è una visita obbligata. Questo ristorante, dove potrete conoscere il vero Manolo, una persona squisita, si caratterizza per la sua decorazione moderna e il suo cibo tradizionale.
È tutto molto buono e servito in grandi quantità: Pimento del padrón (peperoncini verdi fritti), caldo gallego (minestra tipica della Galizia), churrasco (carne di manzo), pesce, asparagi… insomma, c’è un’ampia scelta.
Ottimo servizio, anche se a volte bisogna armarsi di pazienza: Non c’è la possibilità di prenotare e il locale si riempie facilmente, quindi molto spesso bisognerà aspettare anche 15 minuti perché si liberi un tavolo. Ma ne vale la pena.
Address:
Calle de San Bieito 3, Santiago de Compostela
Phone: 981 582 950
DOVE DORMIRE
Ostello turistico "Santo Santiago" è stato recentemente aperto nel 2010, situato a Rua do Valiño No. 3 nella città di Santiago de Compostela, a soli 10 minuti a piedi dalla cattedrale e dal centro della città.
Romantico e accogliente.
Colazione, pranzo e cena
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Private Hostel Santo Santiago
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Indirizzo: Rua do Valiño n º 3.
Orario: 12 alle 23:30, tutto l'anno
Prezzo: 12-13 €
Numero di posti: 30

Spagna




Una terra come la Spagna ,ricca di un fascino senza tempo,merita di essere vista a passo tranquillo,liberi dalla fretta che domina la vita di tutti i giorni,per questo,sono sempre i visitatori che scelgono il ritorno alla natura e fanno l'esperienza di un così detto "viaggio leggero" ,non c'è nulla di meglio per fare una completa esperienza del passaggio e del calore della gente che lo abita,inoltre considerazioni ecologiche a parte scoprirete che sostare all'ombra di un albero,di una chiesa romanica e dell'osteria di un villaggio è decisamente più facile
ORDINAMENTO POLITICO
La Spagna è una monarchia costituzionale ,con un re,Juan Carlos I,e due camere :il Senato e la Camera dei Deputati ,che eserci-tano il potere legislativo ,il potere di controllo sull'operato del sovrano ed esprimono potere di fiducia sulla nomina del governo.Il paese è suddiviso in 17 Comunitades Autònomas (Regioni):Galizia,Asturie,Cantabria,il Paese Basco,Navarra,la Rjoja ,Aragona, il
paese Catalano,le Baleari,il paese Valezano,Murcia,Castiglia-Leon,Madrid,Castiglia-la mancha,Exstremadura ,Andalusia, e le Canarie .
Il castellano o spagnolo è la lingua ufficiale di tutto lo stato spagnolo,sono lungue ufficiali anche l'euskera (basco)nei Paesi Baschi ,il Catalàn nel Paese Catalano ,il Valenciano nel Paese valenzano e nelle Baleari ed il Gallego (molto simile al portoghese) nella Galizia.Il cattolicesimo era la religione di Stato fino alla promulgazione della Costituzione nel 1978 con la quale la Spagna è divenuta un paese aconfessionale.L'unità di moneta è l'EURO .
GEOGRAFIA
La Spagna con i sui 504750 Km quadrati,è per la superficie il terzo paese d'Europa è occupa per la maggio parte la penisola Iberica ,la bagnano l'oceano Atlantico ad ovest a sud ovest e a nord (mare Cantabrico) e il Mediterraneo a sud e a est.Essa confina con il Portogallo a a ovest e a nord-est con la Francia.Il territorio spagnolo è formato da un altopiano centrale(Meseta)attraversato da una serie di massicci che lo dividono in due blocchi e circondato da catene montuose.
Pirenei
corrono dall'Atlantico al Mediterraneo ,segna il confine naturale con la Francia.Il Pico de Aneto alto 3404 m,è il monte più alto della penisola.
CORDILLERAS CANTABRICA
Sistemas montuoso che da ovest dei Pirenei (di cui costiutisce la naturale continuazione) si sviluppa a poca distanza della costa atlantica ,forma parte della cordillera il massiccio dei Picos de Europa (2648 m.) in Cantabria.
CORDILLERA BETICA
Nwel sud della penisola ,formato da una serie di massicci chiamati Sierras(Sierra Morena,Sierra Nevada)
MESETA
Vastissimo altopiano con altitudini medie di 600 metri che occupa la parte centrale del paese,divisa in due parti dalle Sierras ,catene montuose che corrono in dierzione est-ovest (ierras Guadarrama,i Montes di Toledo e la Serrania de Cuenca).
I FIUMI
I fiumi spagnoli si caratterizzano quasi tutti per il regime incostante,con lunghi periodi di secca e brevi ma violenti periodi di piena,la maggior parte di essi sfocia nell'Oceano(il Muno,il Duero,il Tajo ,il Gauardiana e il Guadalquivir ,l'Ebro si getta nel Mediterraneo ,il Ter e il Liobregat ed il Segura.
LE RIAS GALLEGAS
Abitualmente divise in Rias Bajas (tra il confine portoghese e il Capo di Finisterre ) e Rias Altas (fra Finisterre e La Coruna ) sono le coste più settentrionali della Spagna ,affacciate sull'oceano Atlantico ,si differenziano molto da quelle del resto del paese .Moltyo movimentate come paesaggio ,sono tagliate da innumerevoli fiordi più o meno profondi ,coperti da una vegetazione ricchissima e spesso invasi dalla nebbia .Le coste sono per lunghi tratti selvagge e alternano calette spiaggiose e zone di scogliera impervia .Le parti finali deifiordi sono spesso circondate da isolette sulle quali naufragano le onde dell'oceano.

LE STRADE D'EUROPA,UNA RETE DI ITINERARI



Dal Caminho portuguès alla Ruta de la Plata proveniente dalla Andalusia ,dalle Niederstrasse e Oberstrasse tedesche alle strade che attraversano la Francia ,Inghilterra e Paesi Bassi,una fitta rete di itinerari medievali percorre tutta l'Europa per congiungersi al Cammino,che nel 1962 il Consiglio d'Europa ha proclamato "il primo itinerario culturale europeo".Non c'è dubbio ,infatti che il pellegrinaggio a Santiago de Compostela abbia da sempre sostenuto un ruolo importante nella comune civiltà dei popoli europei.Quando la Spagna entro nella Cee ,nel 1985 in un'esposizione organizzata a Gand sull'arte,la letteratura e le tradizioni comuni a 18 nazioni ,vennero uniti per la prima volta tra loro i concetti di Santiago ,pellegrinaggio ed Europa .Venivano raccolte ,in pratica ,le indicazioni già espresse tre anni prima da Giovanni Paolo II ,al grido di" Europa ritorna alle tue origini".
Tutto il percorso suddiviso in 13 tappe,è indicato con un'apposita segnaletica :su campo blu c'è la conchiglia color arancio,simbo-
lo dei pellegrini ,con accanto la corona di stelle della Comunità europea .Il tracciato segue quello del passato e in molti trati è rimasto integro :un umile sentiero rurale .Spesso corre parallelo e si intreccia con la strada nazionale che dai Pirenei arriva fino in Galizia .Due punti di ingresso in Spagna attraverso la catena pirenaica:Somport,dove inizia il cammino Aragonese ,e Saint-Jean-Pied -de- Port ,dove invece comincia quello Navarro

domenica 21 marzo 2010

"GUIDA SPIRITUALE AL CAMMINO DI SANTIAGO"




SANTIAGO UN CAMMINO SPIRITUALE
Il pellegrinaggio nella storia
Sin dall'antichità i popoli si sono spostati da un luogo all'altro,tanto che il viaggio è ormai connaturato agli esseri umani:una volta ci si spostava per lunghi periodi e spesso per necessitò.Oggi ci si mette in cammino per commercio,turismo,avventura
desiderio di conoscere altri paesi,altre lingue altre usanze.
Esiste una motivazione diversa,una spinta interiore che è rimasta immutata nel tempo e porta gli esseri umani a desiderare la totalità,l'infinito,trasformandosi in cercatori di assoluto,colpiti da una sorta di nostalgia(verso qualcosa di più grande che spesso non sanno nominare.A differenza di altri viaggi,infatti il pellegrinaggio è un cammino spirituale,nel quale l'itinerario è compiuto sulla strada si affianca al percorso interiore verso una meta più alta.Questo è il senso che la parola"pellegrino"ha assunto nel tempo,ma fino al XII secolo non era così:
DI DERIVAZIONE LATINA
(etimologicamente da "oer agros",attraverso i campi,il vocabolo indicava in origine individui che percorrevano il territorio esterno della città .il pellegrino,in quanto non appartenente alla comunità con cui veniva in contatto,era uno straniero,un diverso,che veniva da lontano e riprendeva il cammino dopo una breve sosta.Con il passare del tempo però la parola ha assunto un significato specifico,connotato n senso spirituale: il pellegrino infatti,non è un viaggiatore spinto da motivazioni commerciali,di amicizia o di curiosità,ma percorre una strada che lo condurrà a una meta sacra che,una volta raggiunta,gli faciliterà l'incontro con la realtà più grande.Questo è ciò che distingue la scelta di compiere un pellegrinaggio da quello di passare il tempo libero facendo turismo,ed è anche ciò che definisce il cammino di Santiago non come itinerario di 800 chilometri in terra spagnola,ma un percorso di crescita spirituale.I l pellegrinaggio è un rituale universale che esprime e arricchisce la spiritualità delle persone,a prescindere dal credo religioso.Fin dai tempi antichi gli esseri umani si sono messi in cammino verso luoghi che custodivano i segni del divino alla ricerca di protezione e di risposte o come ringraziamento dei doni ricevuti,spinti comunque dal desiderio di cercare un contatto più profondo con il sacro.
PELLEGRINI DI IERI E DI OGGI
Non sappiamo con esattezza quanti pellegrini abbiano calcato i sentieri di Spagna fino a raggiungere Santiago:cavalieri,soldati,sacerdoti,contadini,duchi,principi,santi,persone comuni.Il cammino con il tempo cadde in disuso e riscoperto nel XX secolo ed ora è di nuovo percorso da migliaia di pellegrini di tutta Europa e del mondo,
BENEDIZIONE DEL PELLEGRINO DAL "CODEX CALIXSTINUS"
Nel Medioevo alla partenza dei pellegrini veniva compiuto il rito della vestizione con la consegna della bisaccia....:"Accipe hanc peram habitum peregrinationis tuae ut bene castigatus et emendatus pervenire merearis ad limina sancti jacobi,quo pergere cupis,et peracto itinere tuo ad nos incolumis con gasudio revertaris,ipso paraestante qui vivit er regam Deus in omnia saecula saeculorum""("Ricevi questa bisaccia che sarà il vestito del tuo pellegrinaggio affinchè,vestito nel modo migliore,tu sia degno di arrivare alla porta di S.Giacomo dove hai desiderio di arrivare e compiuto il tuo viaggio,tu possa tornare da noie salvo con grande gioia se così vorrà Dio che vive e regna per tutti i secoli dei secoli");e la consegna del bordone:"Accipe hunc baculum,sustentacionem itinewris ac laboris ad viam prergrinationis tuae ut devincere valeas omnses catervas inimici et pervenire saecurus at limina santi jcobi et peracto cursu tuo ad noss revertaris cum gaudio,ipso annuente qui vivit et regnam Desus in omnia saecula saeculorum"("Ricevi questo bastone a sostegno del viaggio e della fatica sulla strada del tuo pellegrinaggio affinche ti serva a battere chiunque ti vorrà fare del male e ti faccia arrivare tranquillo alla porta di s.giacomo e, compiuto il tuo viaggio,possa tu tornare da noi con grande gioia,con la protezionedi Dio che vive e regna nei secoli dei secoli").Dal codex calixtinus,sermone Veneranda dies,li,c XVII.

venerdì 19 marzo 2010

PALMIERI,ROMEI,PELLEGRINI DEFINIZIONE DI PELLEGRINO


Un’usanza tipicamente medievale quella del pellegrinaggio? Assolutamente no, se è vero che negli ultimi anni sono tornate prepotentemente di moda. Ci riferiamo alle tre celebri mete di Santiago de Compostela, Gerusalemme e Roma

Già Dante ricordava, nella sua Vita Nova, i “palmieri”, diretti a Gerusalemme il cui simbolo era appunto la palma, i “romei” che viaggiavano verso Roma portando il simbolo della croce ed i “peregrini” propriamente detti, diretti a Santiago con la conchiglia come immagine di identificazione. Riscoperto negli ultimi anni anche grazie al romanzo di Paolo Coelho, Il cammino di Santiago è sicuramente il più celebre e il più frequentato dei tre percorsi, riconosciuto dal Consiglio d’Europa, il 23 ottobre 1987, “itinerario culturale europeo” e dall’UNESCO, nel 1993, “patrimonio dell’umanità”. I due “sentieri” principali partono da Roncesvalles e da Puente la Reina e si dirigono verso Santiago alla tomba di Giacomo l’Apostolo attraversando, tra le altre, le città di Pamplona, Burgos, León e Villafranca. Un augurio che si fa a tutti coloro che intraprendono il cammino di Santiago è ultreya, che deriva dal latino e vuol dire “sempre più avanti”. Meno frequentata, ma altrettanto celebre nel passato, la Via Francigena portava i viandanti da Canterbury, in Inghilterra, a Roma. Il tracciato apparve per la prima volta negli appunti di Sigenico, nominato arcivescovo nel 994 e incaricato di recarsi presso l’Urbe per ricevere l’investitura dal papa. Sicuramente più insidioso il viaggio verso la Terra Santa e il santo sepolcro di Gerusalemme. La via seguita era quella dell’Appia, la quale conduceva ai porti pugliesi. Da lì ci s’imbarcava, spesso su mezzi di fortuna, con la speranza di poter concludere felicemente il viaggio.

“Pellegrino e’ “colui che attraversa campi, terre, territori” verso una meta
che non gli appartiene mai: Dio.
Tanti cammini, tante tappe, tanti traguardi, tanti volti, tante amicizie, tante storie, culture. Ma una sola e unica rimane la meta.
Una preghiera per te: “Libera il tuo cuore da ciò che non ti fa camminare. Tendi alla bellezza, alla verità che solo alla fine si consegneranno in pienezza a te. Solo alla fine scoprirai di aver avuto un compagno di viaggio invisibile che ti ha tenuto per mano, ti ha accolto fra le sue braccia con amore paterno e materno: Dio. Non dimenticare la tua meta e allora, passo dopo passo, la raggiungerai: Dio sempre con te, per te, con e per noi, in cieli nuovi e terra nuova”. Don Doriano Carraro

Peregrini si possono intendere in due modi, in uno largo e in uno stretto: in largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori della sua patria; in modo stretto non s'intende peregrino se non chi va verso la casa di Sa' Iacopo o riede. È però da sapere che in tre modi si chiamano propriamente le genti che vanno al servigio de l’Altissimo: chiamansi palmieri in quanto vanno oltremare, la onde molte volte recano la palma; chiamansi peregrini in quanto vanno a la casa di Galizia, però che la sepoltura di Sa' Iacopo fue più lontana della sua patria che d'alcuno altro apostolo; chiamansi romei quanti vanno a Roma".
(Dante, Vita Nova, XL)

Così Dante riassume l’essenza del “peregrino” medievale, sottolineando l’incipiente bisogno del rapporto intimo con la dimensione ultraterrena, insieme all’esigenza di “toccare con mano” le preziose testimonianze religiose.
Tre furono le mete predilette dai peregrini: Santiago de Compostela (l’unica che non ha relazioni con la “cristianità storica”, ma proprio per questo è forse la più importante, sviluppatasi dal potente fervore spirituale del popolo), Roma (perché Roma era il centro della cristianità del mondo allora conosciuto e San Pietro è il cuore del cristianesimo) e, ovviamente, Gerusalemme e la Terra Santa (non solo per il Santo Sepolcro, ma anche perché era il luogo in cui aveva vissuto, sofferto, amato e respirato Gesù Cristo).
Il pellegrino di Santiago è il pellegrino per eccellenza, la sua è una scelta di vita e una missione, oltre che un sentimento puramente religioso.
Il pellegrino di Gerusalemme (chiamato anche “palmiere” perché dalla Terra Santa riportava la palma di Gerico) è il pellegrino “mistico”, quello che desidera ardentemente un contatto, seppur spirituale, con Gesù Cristo e con Dio.
Il pellegrino di Roma è colui che, soprattutto dopo l’istituzione dei Giubilei dal 1300, visita il cuore del mondo cristiano (colui che Dante chiama “Romeo”).

martedì 2 marzo 2010

SANTIAGO DE COMPOSTELA



Storicamente Santiago de Compostela deve la sua origine proprio alle spoglie di San Giacomo, apostolo e martire cristiano, che si narra sarebbero custodite nella Cattedrale a lui dedicata. Giacomo fu martirizzato nella Gerusalemme del 44 d.C., ma la leggenda vuole che egli abbia predicato in Spagna per tutta la sua vita; fu così che, dopo la sua morte, le sue spoglia vennero riportate in Spagna da parte di due suoi discepoli.
Nel IX secolo (era l’anno 879), il sepolcro originario del Santo venne scoperto da un’eremita in quel di Padrón, nell’attuale area di Santiago di Compostella (nella provincia di A Coruña), grazie pare ad una stella che ne guidò il percorso e ne decise il cammino (il nome Campus stellae, cielo o campo stellato, pare sia all’origine del nome ‘Compostela).
Successivamente, i reali di Asturia, tramite il re Alfonso II, decisero di edificare una piccola chiesetta in onere del martire apostolo e di farne un santuario. Nacque così, in un territorio che in antichità era conosciuto per essere stato insediato da piccole tribù di visigoti, romani e celti, uno dei luoghi di pellegrinaggio più conosciuti del mondo.
La piccola chiesetta è oggi una splendida cattedrale dalla imponente struttura in stile architettonico romanico e con una facciata in stile barocco. Le sue origini risalgono al 1075, anno nel quale venne iniziata la sua costruzione e dopo che la precedente piccola chiesetta venne costantemente danneggiata dalle incursioni degli invasori. Il pellegrinaggio era, infatti, già divenuto d’importanza nazionale e europea, e la stessa chiesetta, insieme all’insediamento abitativo formatosi nei secoli, fu oggetto costante di incursioni e saccheggi da parte dei normanni e dei mori.
Grazie alla fama del martire apostolo, la località con la cattedrale dedicata a San Giacomo si sviluppò in una rigogliosa cittadina che presto divenne maggiore punto di pellegrinaggio di tutto il mondo cristiano, alla stessa stregua di Gerusalemme e di Roma con il Vaticano.
La fama raggiunta fu tale che devoti pellegrini iniziarono a viaggiare in direzione della sacra località cristiana anche da luoghi ad essa molto lontani.
Spesso tali viaggi erano fatti a piedi: erano questi secoli nei quali il santuario veniva raggiunto con tutti i mezzi possibili, a piedi o via carro; attraverso strade tortuose che iniziavano anche dalla Francia per poi arrivare in Spagna direttamente a Santiago; famiglie intere o singoli individui, tutti in pellegrinaggio per poter pregare presso la tomba di San Giacomo e guadagnare meriti religiosi.
Le lunghe strade e i distanti percorsi effettuati dai pellegrini si sono fatti conoscere nel tempo con il nome di El camino de Santiago, il Camino di Santiago di Compostella, che dagli anni ottanta dello scorso XX secolo, dopo un periodo di leggera decadenza, è stato riscoperto di nuova energia non solo religiosa ma anche turistica, e che oggi porta ad annoverare Santiago de Compostella tra le località maggiori di tutta la Spagna.
Santiago di Compostela o San Giacomo di Compostella (ab. 93.000 circa) è la città spagnola capoluogo della comunità autonoma della Galizia. Situata in provincia di A Coruña, è stata nel 2000 città europea della cultura. Santiago di Compostela, assieme al cammino del pellegrinaggio omonimo, è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'unesco nel 1985. È sede del governo autonomo Galiziano (Xunta de Galicia), luogo di continue pellegrinaggi religiosi provenienti da tutto il mondo e sede universitaria con più di 500 anni di storia.
La città è conosciuta soprattutto per la sua maestosa cattedrale dedicata a San Giacomo da Compostela e per essere la tappa finale di ogni pellegrino che decide di affrontare il vecchio "cammino di Santiago di Compostela". Il 23 ottobre 1987 il Consiglio d'Europa ha riconosciuto l'importanza dei percorsi religiosi e culturali che attraversano l'Europa per giungere a Santiago de Compostela dichiarando i percorsi "itinerario culturale europeo" e finanziando adeguatamente tutte le iniziative per segnalare in modo conveniente "el camino de Santiago".

Storia
Il nome della città - che ha origini celtiche ed è carica di un profondo senso di religiosità - viene fatto derivare da San Giacomo, apostolo e martire del Cristianesimo (le cui spoglie, secondo la leggenda, sarebbero giunte miracolosamente via mare in Spagna) e dal termine Compostela (o Campostela, in latino campus stellae) che significa campo di stelle; la città viene talvolta citata anche come San Giacomo del campo di stelle. Il web francese aggiunge: En fait, ce serait plus probablement la déformation des mots: «compostum», «compositum» ou «compostellum», signifiant «apprêts funéraires» ou «tombeau».
Situata in una depressione nell'immediato interno della costa nord-occidentale della Spagna, proprio davanti all'Oceano Atlantico, era considerata - prima del viaggio di Cristoforo Colombo, nel 1492 - il bordo estremo conosciuto della terra, la finis terrae. Molte le leggende fiorite nel tempo intorno a questa località: una di esse la vuole come punto di congiungimento delle anime dei morti pronte a seguire il sole nel suo corso per attraversare il mare. In realtà è meta fin dal Medioevo di importanti pellegrinaggi di fedeli, che la ritengono un punto centrale della cristianità.
La tradizione vuole che nell'anno 813 l'eremita Paio venisse attirato da strane luci a forma di stella sul monte Libredòn dove esistevano antiche fortificazioni (probabilmente di un antico villaggio celtico). Il vescovo Teodomiro, interessato dallo strano fenomeno, scoprì in quel luogo una tomba che conteneva tre corpi. Uno dei tre aveva la testa mozzata e una scritta: "Qui giace Jacobus, figlio di Zebedeo e Salomé".
Il web francese dà invece questa versione della leggenda: Vers l’an 813, selon la tradition relatée dans la Concordia de Antealtare écrite vers 1077, vivait près de l’église de San Félix un ermite nommé Pelayo (Pélage). La présence du corps de saint Jacques lui fut annoncée par un ange, alors qu’au même moment les fidèles de l’église étaient avertis par des lueurs divines.
Alfonso II re delle Asturie e di León - detto il Casto (Oviedo 759-842) - ordinò la costruzione sul posto di un tempio e i monaci benedettini nell'893 vi fissarono la loro residenza (El Convento de San Paio de Antealtares). Iniziarono così i primi pellegrinaggi alla tomba dell'apostolo, dapprima dalle Asturie e dalla Galizia poi da tutta l'Europa.
Santiago di Compostela venne distrutta nel 997 dall'esercito musulmano di Almanzor - al-Mansur ibn Abi Amir - e poi ricostruita da Bermudo II. Ma fu il vescovo Diego Xelmirez a iniziare la trasformazione della città in luogo di culto e pellegrinaggio, facendo terminare la costruzione della Cattedrale iniziata nel 1075 e arricchendola con varie reliquie.
Tra squilibri sociali che ostacolarono lo sviluppo economico della città e la scoperta dell'America (che concentrò i commerci al Sud della Spagna), Santiago de Compostela conobbe un lungo periodo d'ombra. Nel XVI secolo fu inaugurata l'Università che diede grande impulso intellettuale; nel XVII e XVIII secolo il risveglio economico e culturale è continuo fino ad arrivare ai nostri giorni quando, con la celebrazione nel 1993 dell'anno Giacobeo, inizia una fase di nuovo splendore per la città.