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mercoledì 26 maggio 2010

MENU' DEL PELLEGRINO

Uno dei grandi tormentoni del Cammino è senz'altro il famigerato menù del pellegrino. Va bene che potete mangiare con 7,00 o 8,00 euro ma vi giuro che dopo un paio di giorni vi verrà la nausea....facendo scorpacciate di:
PRIMERO PLATO
Macarrones (aiuto mamma.... la pasta è meglio che la mangiamo a casa)
Ensalada mixta
Sopa de lantijes
Sopa (a seconda della zona in cui vi trovate)... castigliana, gallega, leonesa, ecc... che praticamente è sempre più o meno pastina in brodo!
SECUNDO PLATO
Lomo a la plancha (ma quanti cavolo di maiali hanno in Spagna????)
Chuleta de ternera
Merluza a la plancha (anche qua che c'entra il merluzzo quando sei in montagna??)
Polpette (aiuto...)
Papas (immancabili patatose dappertutto)
POSTRE
Yogur (t) !!!
Natilla
Flan (non ho ancora capito la differenza tra natilla e flan!)
Helado
Arroz con leche
Credetemi... dovunque andrete questo menù vi perseguiterà. Consiglio vivissimo di offrirvi, almeno la domenica, un menù NON del pellegrino...il che è più facile a dirsi che a farsi... siccome nei paesi del cammino praticamente tutti i ristoranti offrono il menù del pellegrino. Voi, come entrare nel ristorante, siente subito identificati come pellegrini, sicchè l'oste di turno non accenna neanche ad offrirvi altro che non sia il famigerato menù. Insistete un bel po' e fatevi portare il menù "a la carta".
Pagherete qualcosina di più (non molto) e il vostro apparato digerente vi ringrazierà per non aver ingerito il solito "lomo a la plancha".
Per il resto che dire, dopotutto in Spagna si mangia abbastanza bene e anche con il menù del pellegrino si sopravvive.
Un consiglio gastronomicco: se volete davvero farvi male con il cibo, da Astorga in poi il piatto tipico è il "Cocido Maragato", un mega bollitone con tutti i tipi di carni possibili ed immaginabili, contornato da verze, patate, ceci, ecc.... una botta di vita nel mezzo del cammino! Consigliate Alka Selzer in abbondanza!... ma ne vale la pena

Cammino di Santiago: consigli utili




Ci sono diversi modi di percorrere il Cammino di Santiago: a piedi, in bicicletta, a cavallo… e tutti vi permetteranno di scoprire la ricchezza culturale e naturale della Spagna. Scegliete l’alternativa che preferite e vivete questa esperienza nel modo che più vi piace. Di seguito troverete alcune informazioni per rendere più comodo il vostro viaggio.
Se andate a piedi…
- Lo zaino è fondamentale. È sufficiente che sia di tipo anatomico e che abbia una capacità di 40 litri. È conveniente portarlo agganciato anche in vita per sostenere meglio il peso. Dovrà poi avere anche scomparti esterni per non dover disfarlo ogni volta che cercate qualcosa.
- Per quanto riguarda il peso il motto è “quanto meno tanto meglio”. Lo zaino non deve pesare più di 7 chili o più del 10% del vostro peso corporeo. Pensate che sono molti i passi e i chilometri fino a Santiago, e dovrete portarlo sulle spalle. Non cedete alla tentazione di fare scorte, perché lungo il cammino troverete supermercati, farmacie e negozi di ogni tipo dove poter comprare tutto quello che serve.
- Il sacco a pelo, il mantello impermeabile per la pioggia e un materassino sono imprescindibili. Così come i documenti (carta di identità, passaporto o qualsiasi altro documento di identificazione, e la tessera sanitaria) e un kit di pronto soccorso. Non dimenticate di portare una bottiglia d'acqua o la borraccia, e nel necessaire mettete anche un'asciugamani, sapone per lavare gli indumenti e delle pinze.
- Le scarpe sono un elemento fondamentale. Utilizzate scarponi da montagna resistenti all’acqua, che si adattino bene al piede (conviene acquistarli con mezzo numero in più rispetto a quello abituale) e, se possibile, usati in modo che il piede vi sia già abituato. Se sono nuovi cercate di camminarci in casa prima di mettervi in marcia.
- Indossate calzini di cotone, sempre asciutti e infilati bene, in modo da evitare sfregamenti e vesciche. Un rimedio efficace per prevenire questi inconvenienti è applicare vasellina sui piedi. Portate anche delle ciabatte per la doccia e per far riposare i piedi alla fine di ogni tappa.
Se andate in bicicletta…
- Dovete sapere che esistono tratti e tappe con varianti per coloro che percorrono il Cammino in bicicletta. Alcune procedono su strada. Di solito sono indicate bene, ma ne troverete la descrizione anche su guide specifiche.
- Se potete scegliere, utilizzate una mountain bike. Prima di mettervi in marcia, conviene che vi alleniate perché è diverso pedalare con il peso dei bagagli sulla bicicletta.
- Non dimenticate di mettere a punto il vostro mezzo, controllando in particolar modo i freni, il cambio e le ruote. Nel vostro bagaglio non possono poi mancare il casco, gli indumenti da ciclista, l’impermeabile, i guanti e le scarpe adatte. E ricordate anche di portare l’occorrente per riparare una camera d’aria o altri possibili guasti minori.
- Se dormite in ostelli per pellegrini, scegliete quelli con maggior capacità ricettiva, perché verso le otto di sera i pellegrini che vanno a piedi hanno la precedenza sugli alloggi.
- Se ne avrete bisogno, a Santiago de Compostela, presso l’Ufficio del Pellegrino (rúa do Vilar), potrete usufruire di un servizio di deposito per zaini e biciclette.
Se andate a cavallo…
- Il Cammino a cavallo richiede una maggiore preparazione. Oltre ad allenare l’animale a camminare portando pesi, è necessario farlo visitare dal veterinario, vaccinarlo e stipulare una polizza assicurativa.
- Conviene prenotare in anticipo i posti in cui il cavallo dovrà pernottare e preparare i sacchi di mangime che consumerà nel corso del viaggio.
- Per entrare a Santiago de Compostela a cavallo bisogna avvisare vari giorni prima la Polizia Locale (telefono 092), che vi indicherà l’orario e il percorso da rispettare. Inoltre vi rilasceranno un permesso per entrare fin nella piazza dell’Obradoiro, che vi consentirà di fermarvi brevemente davanti alla Cattedrale.
Strutture di alloggio lungo il Cammino
Nel corso dell’itinerario troverete diversi tipi di alloggio da scegliere a seconda delle vostre preferenze e necessità: ostelli per pellegrini, agriturismi, hotel, Parador de Turismo, pensioni, campeggi, e così via.
• Ostelli per pellegrini
- Ci sono ostelli pubblici che sono gratuiti e altri in cui si paga un piccolo contributo per le spese di pulizia e manutenzione. Troverete anche pensioni private, ma costano un po’ di più. Normalmente le strutture pubbliche si riempiono prima.
- Quando c’è molta gente, nei mesi estivi e durante l’anno giubilare, se tutte le strutture sono al completo talvolta si abilitano altri spazi come centri sportivi, chiese, ecc. perché i pellegrini possano trascorrervi la notte.
- Gli ostelli non si possono prenotare e i posti si vanno occupando a mano a mano che giungono i pellegrini. Quelli che viaggiano a piedi hanno la precedenza, seguiti da coloro che vanno a cavallo e per ultimi i ciclisti.
- Negli ostelli si può restare solo una notte, tranne in caso di malattia. Di solito aprono a mezzogiorno e di sera, a partire dalle 21.00 o dalle 22.00, si fa silenzio, evitando ogni rumore che possa disturbare il riposo altrui. Di mattina bisogna partire prima delle 8 o delle 9, perché si possano predisporre i letti per i nuovi pellegrini che arriveranno alla fine della giornata. Alcuni includono anche la prima colazione.
• Altri alloggi
- Durante il vostro viaggio troverete diverse alternative nelle località che attraverserete. Potrete scegliere il tratto familiare degli agriturismi o il fascino di edifici monumentali restaurati, come nel caso del Parador di León o di Santiago de Compostela.
- Sarà sicuramente la soluzione migliore quando avrete voglia di fermarvi qualche giorno per conoscere meglio un posto che vi è piaciuto particolarmente, o per assistere a una festa o un evento, o semplicemente per fare una pausa durante il vostro viaggio.
- È consigliabile in ogni caso scegliere alternative diverse dagli ostelli dei pellegrini se viaggiate con un’automobile di supporto o con un gruppo grande di persone.
Inoltre è bene sapere…
• Tappe
- Le tappe stabilite generalmente coprono distanze giornaliere di 20-30 chilometri a piedi e 60-70 chilometri in bicicletta. Tuttavia ognuno può pianificare il proprio percorso in funzione dell’età, del ritmo e delle condizioni fisiche, programmando tappe più o meno lunghe a seconda delle proprie esigenze.
• Segnalazione
- Seguite sempre le frecce gialle. Fate attenzione perché le troverete in molti posti: sui muri, per terra, sugli alberi, le pietre, i pali, ecc. Se vi perdete o avete un dubbio dovete solo chiedere e le persone saranno ben contente di indicarvi la strada.
• Alimentazione
- Si consiglia di cominciare la giornata con una colazione sostanziosa. Le caramelle, i dolci e la frutta secca vi aiuteranno a rifornirvi di energia nel corso della tappa. Cercate di bere molta acqua durante il percorso, senza aspettare di sentire lo stimolo della sete. Lungo la strada troverete numerose fontane dove riempire la bottiglia o la borraccia.
- Per i pasti avrete a disposizione ristoranti, caffetterie e bar di tutti i tipi dove, oltre a ricaricarvi, potrete assaggiare la gastronomia tipica di ogni posto. Alcuni stabilimenti offrono anche un “menù del pellegrino” a buon prezzo.
• Abbigliamento
- L’abbigliamento deve essere il più adatto alla stagione in cui viaggiate. I mesi compresi tra la primavera e l’autunno sono molto indicati per intraprendere il cammino, tenete presente però che a luglio e agosto può fare molto caldo e c’è molta più gente.
- Cercate di indossare sempre indumenti comodi e traspiranti. Portate un maglione o qualcosa che vi scaldi per la sera, un cappello per proteggervi dal sole e crema protettiva.
• Credenziali
- Le credenziali vi serviranno per usufruire del servizio degli ostelli dei pellegrini. Potrete ottenerle nell'ostello da dove comincerete il percorso, o potrete richiederle prima rivolgendovi alle associazioni degli Amici del Cammino.
- Le credenziali sono diverse dalla “Compostela”: questa viene concessa a coloro che intraprendono il pellegrinaggio per motivi religiosi o spirituali e che hanno percorso almeno gli ultimi 100 chilometri a Santiago principalmente a piedi o a cavallo, e gli ultimi 200 chilometri in bicicletta.

giovedì 6 maggio 2010

La Porta (Santa) del Perdono a Santiago de Compostela, il mistero di un percorso iniziatico

In Europa esiste una località che colpisce particolarmente. Santiago de Compostela, e non solo per essere, insieme a Roma e Gerusalemme, una delle città pellegrine più importanti della Cristianità o per il suo animus tradizionalmente celtico, essendo la capitale della Comunità Autonoma di Galizia, regione, appunto, di forti e viventi, nella musica e nella simbologia, radici celtiche, ma per ciò che il nostro cuore, come spesso accade nei nostri approfondimenti, ha scorto di più profondo, di nascosto, alla continua ricerca di quell’intima essenza che ogni manifestazione del divino ha nell’esistenza umana. Facciamo esplicito riferimento alla nota Cattedrale, al significato esoterico del pellegrinaggio che conduce ad essa e, in particolare, ad una parte della suddetta Cattedrale che ci ha folgorati, ci ha illuminati a prima vista, rivelandoci subito la sua immensa valenza simbolico-tradizionale, la Porta Santa o del Perdono, tappa fondamentale di un percorso iniziatico, la cui trattazione costituisce il significato primo del presente scritto.
E’ importante rammentare come, seconda la tradizione, nel 813 d.C. l’eremita Paio intravide delle strane luci a forma di stella sul monte di Libredòn (Campus Stellae, da cui proviene il nome di Compostela), un’altura con vestigia di antiche fortificazioni celtiche, ove fu scoperto un monumento funerario, in cui vi era un corpo con la testa mozzata ed una scritta che recitava:”Qui giace Iacobus, figlio di Zebedeo e Salomè”; vi erano altri due corpi che appartenevano ai suoi discepoli Teodoro e Attanasio. L’Apostolo, dopo aver predicato in Spagna, ritornò in Palestina, dove venne torturato e decapitato dagli ebrei nell’anno 44. In seguito, i suoi discepoli trasportarono il corpo in Galizia, con un carro trainato da tori, fino al luogo dove oggi sorge la città; a tal punto, crediamo sia d’obbligo segnalare l’evidente corrispondenza simbolica che intercorre tra il corpo del santo trasportato dai tori e il significato esoterico che è riferito sia alla nota iconografia mithraica, che vede la divinità dominare ed uccidere un animale taurino, sia all’immagine che rappresenta il Cristo sopra un asino nella sua entrata a Gerusalemme. Se la prima analogia, quella riguardante il culto di Mithra, fa chiaramente riferimento all’uccisione, alla sconfitta delle passioni e delle debolezze dell’interiorità, rappresentando il toro, ma anche l’asino, gli elementi tamas e rajas del microcosmo, la seconda, quella cristica, è ancor più relazionata alle vicende di Santiago, rappresentando intimamente la vittoria sulla morte del corpo e dell’anima, con l’apertura di quella “porta” che conduce alla Civitas Dei, di agostiniana memoria, ritrovandola, quindi, sia in cielo che in terra, sia come riferimento archetipo, sia come vero e proprio omphalos, cioè centro di influssi spirituali, ove agisce ciò che il Taoismo chiama l’Attività del Cielo.
Si rammenti, inoltre, come, in uno splendido approfondimento di A. K. Coomaraswamy – Sir Gawain e il Cavaliere Verde: Indra e Namuci – venga spiegato con chiarezza e semplicità il significato iniziatico della decapitazione, intesa come cambiamento ontologico, di status spirituale, con l’acquisizione di un corpo nuovo, abbandonando, come ci ricorda San Paolo, il “corpo di morte”:”…la decapitazione è un disincanto della vittima, una liberazione del Sole dalle tenebre che lo oscuravano e ne provocavano l’eclissi. Ma la morte sacrificale è anche un fare molti dall’Uno, e in questo senso lo smembramento è un fine desiderato dalla vittima stessa; esso è la liberazione di tutti i principi imprigionati, di Tutto Questo (universo) contenuto in Quell’Uno”; tale liberazione è il dispiegarsi di influenze celesti, che similmente alle gocce di sangue del Redentore crocifisso che si trasformano in rose, si ritroveranno a Compostela, nella sua Cattedrale, nella ricostruzione del Tempio di Dio.
La città, infatti, è sorta intorno alla tomba dell’Apostolo e per onorare il suo sepolcro sono stati costruiti ben tre santuari: il primo venne costruito nel IX dal vescovo Sisnando, su richiesta del re Alfonso II; il secondo, nel X secolo, ebbe un aspetto più maestoso, anche grazie ai materiali di prima qualità utilizzati. Maestri come Bernardo el Viejo, Roberto, Esteban, Bernardo il Giovane, Matteo, parteciparono alla costruzione del terzo santuario, la Cattedrale, considerata come il monumento più bello eretto in Spagna nel corso del Medioevo: la sua costruzione barocca seguì il modello classico delle basiliche oggetto di pellegrinaggi, cioè con pianta a croce latina con tre navate prolungate nell’incrociato e navata dell’abside con cappelle absidali e triforio. Il santuario di Santiago de Compostela è meta di pellegrinaggi da oltre mille anni e, dal 25 luglio del 1122, ogni volta che la festa dell’Apostolo Giacomo cade di domenica, si celebra un Anno Santo e Giubilare, l’Anno Giacobeo.
A tal punto, riteniamo sia necessario esplicitare il perché del recarsi alla “finis terrae” e, soprattutto, il significato esoterico del pellegrinaggio. Differenti sono state le motivazioni che hanno messo in marcia sui vari sentieri d’Europa milioni di persone, con l’obiettivo di percorrere il “camino” a piedi, alcuni percorrendo gli 800 chilometri di strada fra Jaca o Roncisvalle e la Cattedrale. Non si può non ricordare che Dante indica il titolo di “pellegrino” come specifico ed esclusivo di coloro che andavano a Compostela:”…la sepoltura di San Giacomo era la più lontana dalla sua patria di qualsiasi altro apostolo”. I molteplici motivi del pellegrinaggio erano la riconoscenza per la grazia ottenuta, l’espiazione delle proprie colpe, il desiderio di acquisire indulgenze, insieme alla concezione religiosa che la divinità possa risiedere in alcuni luoghi privilegiati e che in queste località vi sia la possibilità di assistere alla manifestazione di fenomeni sovrannaturali, dai quali l’uomo può trarre beneficio; in altre religioni la sacralità del luogo è sancita dal fatto che in esso si sia svolta la vita terrena del Dio incarnato o di profeti. Tale è, però, solo il significato exoterico del pellegrinare, essendocene sempre, coma la dottrina tradizionale ci insegna, uno più intimo, non opposto, ma più profondo, iniziatico ed esoterico. Henry Corbin ci mostra come nella struttura dottrinale e tradizionale dell’Islam vi siano due modalità differenti di concepire il pellegrinaggio: la prima, riferita ai comuni credenti (‘awamm), consiste nel recarsi in visita ai Luoghi Santi; la seconda modalità è la Via dell’iniziato (xawass), è il desiderio del Volto dell’Amico Divino. Exotericamente vi è un Tempio materiale, ove si conducono i fedeli in preghiera, ed esotericamente vi un Tempio spirituale, in cui l’oggetto della contemplazione dello sguardo divino è il cuore dell’uomo. Ecco l’aspetto essenziale del viaggio, la trasmutazione del Deus absconditus in Deus revelatus, cioè il concepire la visita dei Luoghi Santi come un pellegrinaggio interiore, del cuore, durante il quale si riedifica il Tempio spirituale nel proprio microcosmo.
Bisogna intendere la Cattedrale come un centro, che racchiude, avvolge e contiene ogni cosa, similmente al nostro cuore, che è il centro ove convergono tutte le facoltà animiche e spirituali dell’uomo: così ogni Tempio è un’immagine del Tempio esistente a livello più profondo o superiore; più volte nei nostri scritti abbiamo richiamato la corrispondenza, espressa in tutte le forme della Tradizione, tra macrocosmo e microcosmo o tra piano exoterico e piano esoterico! E’ d’obbligo, a tal punto, assimilare le varie tappe del pellegrinaggio ai vari sviluppi del “corpo sottile”, ai vari gradi del percorso iniziatico presenti nei misteri antichi, nello gnosticismo, nell’esicasmo: in alcune pratiche sufiche l’iniziato, impersonificando Adamo, compie sette giri intorno al Tempio, come sette erano i gradi d’iniziazione nel mitraismo, similmente sette sono i centri sottili che la Kundalini deve risalire lungo la sushumna, intendendo l’uomo interiore come “Tempio maggiore di Dio”, in cui ci si riveste, in seguito, dei sette Attributi Divini. In quanto scritto speriamo di aver spiegato al meglio il vero significato del pellegrinaggio, la valenza reale che deve assumere per l’uomo della Tradizione, di un incontro tra Alter Ego Divino ed ego umano, tra polo celeste e polo terrestre: “colui che si manifesta, colui al quale si manifesta e la Forma nella quale si manifesta sono una stessa realtà”(Qazì Sa’id).
Compresi l’importanza della Cattedrale di Santiago e l’intima essenza del pellegrinare, è nostro intento disquisire sul tema fondamentale del presente scritto e che, in fondo, rappresenta la sintesi ultima di tutto ciò di cui abbiamo fin qui esplicitato. Nel nostro soggiorno a Compostela, durante l’attenta ed appassionata visita alla Cattedrale abbiamo notato la parte interna della Porta Santa o del Perdono, che esternamente affaccia nella piazza della Quintana, e la sua valenza simbolica ci ha immediatamente colpiti. Sulla Porta spicca una croce a quattro braccia inscritta in un cerchio e, inoltre, nelle quattro suddivisioni del cerchio, campeggiano un sole a nord-ovest, un’alpha a sud-ovest, una luna a nord-est, un’omega a sud-est. Al di sopra della Porta e del simbolo descritto, vi è una vetrata in cui è raffigurato l’Apostolo su di un trono e nella parte superiore della stessa vetrata è raffigurata una città. Ai lati, poi, della porta vi sono due piccole statue che rappresentano i discepoli di San Giacomo, Teodoro e Attanasio, ciascuno dei quali con un libro tra le mani. I pellegrini entrano dalla Porta Santa ed escono dal famoso Portico della Gloria, magistralmente scolpito dal maestro Matteo, dopo aver adorato l’Eucaristia ed ammirato il famoso Botafumeiro, gigantesco turibolo che si eleva fino alle volte della Cattedrale, con uno spettacolare movimento di pendolo. Con l’ausilio di tale breve descrizione è nostra intenzione dimostrare come, nel lato interno della Porta Santa o del Perdono della Cattedrale di Santiago de Compostela, vi sia una meravigliosa rappresentazione della “Porta stretta”, che il simbolismo evangelico pone all’entrata del Regno di Dio. Si fa riferimento essenzialmente ad un ambito extra-cosmico, al passaggio dell’anima nel Brahma-loka, nel Paradiso, è il ritorno dell’uomo allo stato edenico, il passaggio all’immortalità, durante il quale i vincoli con le componenti corporee e psichiche si sono spezzati. Dal punto di vista interiore, tale apertura corrisponde alla corona della testa, all’arteria coronale, l’orifizio denominato bramha-randhra, dal quale entra il raggio solare che percorre, illuminandola, la sushumna o dal quale esce lo spirito dell’essere in via di liberazione. La croce inscritta nel cerchio è il simbolo della Via da percorrere per l’iniziato, la strada che conduce a Giano, a Shiva, al Signore del triplice tempo, al Signore dell’Eternità, al Cristo, del quale l’Apostolo Giacomo ha l’aspetto nella vetrata superiore:”Io sono l’alpha e l’omega, il principio e la fine”.
L’importanza, quindi, di comprendere il significato iniziatico del pellegrinaggio a Santiago de Compostela emerge con la massima solarità: il mistico-pellegrino dopo aver affrontato il viaggio nelle contrade spagnole della fede e, soprattutto, nella propria interiorità approda innanzi alla Porta del Perdono (ora si capisce meglio tale denominazione!), che, però, come si riesce a leggere a stento dalle poche incisioni in latino che l’usura del tempo ha risparmiato sui libri in pietra mantenuti dalle due statue laterali dei discepoli del Santo, è riservata a pochi, perché stretto ed arduo è il passaggio: si rammenti, infatti, come in un passo evangelico si avverte come tanti saranno i chiamati da Dio, ma pochi i prescelti. Riemerge con forza la necessità di un’adeguata dignificazione, di un reale mutamento ontologico che deve avvenire nell’iniziato durante il pellegrinaggio, affinché possa risorgere il Sole spirituale ed il Tempio interiore possa essere nuovamente edificato, acquisendo quella potestas clavium, che sola ha la capacità di aprire la Porta che conduce alla Civitas Dei.
Un’analisi puntuale del termine “tempio” ci permetterà, poi, di aggiungere alcune considerazioni che possa sgombrare il campo da alcuni possibili fraintendimenti e far comprendere al meglio quale sia il senso della nostra ricerca. Nelle tradizioni ebraica ed araba il termine in questione ha da sempre designato una dimora della divinità, condizionando anche il nostro normale modo di esprimerci e di parlare. L’etimologia del latino templum, però, denota, più che un luogo di presenza, un luogo di visione, cioè un mezzo per la contemplazione del Divino:si ricordi, infatti, l’origine del termine sanscrito Veda, che proviene da vid, cioè vedere, mirare il Tempio Cosmico, che è l’insieme degli esseri della manifestazione. Il vedere, quindi, come segno di sacralità, come status ontologico primordiale: gli eroi omerici vedevano e parlavano con i propri dèi! Abbiamo precisato ciò, affinché nessuno mal comprendesse la nostra disamina iniziatica, che, partendo da un piano religioso, è, poi, proseguita nell’ambito dell’invisibile e della simbologia tradizionale: non vogliamo, infatti, offrire a nessuno l’opportunità di cadere, causa nostra, nell’errore massonico di confondere, consapevolmente o meno, l’edificio terrestre del tempio con la sua trasposizione celeste, cioè la contemplazione attiva del Tempio interiore. Tale precisazione ci riconduce alla rappresentazione presente nella vetrata descritta, ove campeggiano uno scettro e una chiave tra le mani dell’Apostolo (Cristo) raffigurato e, come già scritto e a conferma di quanto approfondito, una città divina, che simboleggia la residenza del Logos, di Purusha, del Principio ordinatore divino. E’ il “luogo” del centro, che simbolicamente corrisponde allo stato primordiale, al Polo celeste: nella tradizione estremo-orientale si parla della “Città dei Salici”, del “Soggiorno degli Immortali”, come erano i Campi Elisi nella Romanità o il Walhalla nella tradizione nordica. A fronte di tali considerazioni, è necessario evidenziare quanto valore assuma Compostela, anche per la sua assimilazione, a questo punto non più solo religiosa, alle città di Roma e Gerusalemme, ponendosi, secondo noi, in una posizione intermedia o mediatrice. “Io regnavo nel tempo in cui la terra accoglieva gli dèi e gli dèi si aggiravano per i luoghi degli uomini”: queste sono le parole che Ovidio attribuisce a Giano, il dio degli inizi, il numen che nel Lazio fa rinascere la Tradizione Primordiale sotto le insegne di Roma, quale affermazione nella storia e nell’eternità – ecco perché si parla di un’Aeternitas Romae – del volere e della presenza degli Dei, quale ritorno all’Età dell’Oro: si esplicita, infatti, la denominazione data all’Urbe di Saturnia Tellus, essendo Saturno, appunto, il numen del primo e luminoso yuga. Gerusalemme, quella celeste, invece, nel simbolismo apocalittico della tradizione cristiana è la dimora di Dio alla fine del presente ciclo, quando l’attuale Manvantara avrà sviluppato tutte le sue possibilità, anche le più negative; rappresenterà la quadratura del cerchio, il ritorno allo stato primordiale, all’Età dell’Oro: non casuale, inoltre, è il collegamento operato dal grande alchimistica Nicholas Flamel, nelle sue Figure Geroglifiche, tra San Giacomo, Compostela e l’Ars Regia!
Quindi, una realtà metafisica che rimane immutata al di là dei condizionamenti spaziali e temporali della manifestazione, un Regnum Dei o uno status dell’essere che muta il proprio nome o la propria forma, a seconda delle leggi cicliche, ma che non vede mai intaccata la propria ed intima essenza. Compostela, pertanto, è per noi, con la sua storia, con la sua Cattedrale, con il suo percorso iniziatico, un’altra determinazione terrestre e fisica della Civitas Dei, con la sua tradizione religiosa e devozionale, ma anche templare e guerriera, come l’abbiamo “sentita” durante la nostra visita, un grande omphalos, come lo è per noi Roma, ove sentire sulla pelle, nell’aria, sulla terra, nel cuore la grandezza eterna della Tradizione, “un luogo in cui nessuna muraglia divide inesorabilmente la nostra vita in due metà avverse, in cui, superando lotte e conflitti, l’armonia fa fiorire nei cuori una gioia pura, in cui, infine, trionfando sulle più spesse nubi, misericordioso per i giusti e gli ingiusti, brilla un Sole immutabile”.
* * *
Tratto dallo speciale della rivista Graal dedicato alle Cattedrali d’Europa – Settembre/Ottobre 2005.